Il manifesto della Giornata di studi alla Lateranense - .
“Pfas” è l’acronimo di Sostanze perfluoro alchiliche (Per- and Poly-FluoroAlkyl Substances), che non si trovano in natura ma vengono create solo dalle attività umane. Il fenomeno della contaminazione da Pfas, con gli effetti avversi sulla salute umana e sull’ambiente, interessa trasversalmente tutti i Paesi del mondo, e in Italia le regioni del Veneto, del Piemonte e della Lombardia con un inquinamento invisibile ma persistente.
La questione è stata affrontata durante una Giornata di studio su «Pfas. Analisi retrospettiva e prospettive future», che ha visto avvicendarsi relatori da tutta Italia presso la Pontificia Università Lateranense, a Roma, organizzato da Ufficio Cei per la Pastorale della salute, Mamme No Pfas e Università di Padova.
«Prendo in prestito un’immagine biblica – ha sottolineato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei –. Nel libro dell’Esodo al capitolo 3 Dio si affaccia sull’umanità e parla a Mosè attraverso il roveto ardente e dice: “Ho udito il grido del mio popolo. Conosco le sue sofferenze”. Quando ho incontrato il gruppo di mamme No Pfas ho ascoltato una richiesta di aiuto che veniva da un dolore, da una sofferenza. Non ne sapevo nulla e ho cercato di capire cosa stesse accadendo. Fondamentalmente Dio fa questo e noi siamo chiamati a fare lo stesso. Non abbiamo la competenza per risolvere certi problemi e lo facciamo fare a chi ne ha il ruolo anche a livello istituzionale, ma crediamo sia giusto stare vicino a chi grida questa richiesta di aiuto. Dio non ama le ingiustizie, le fatiche del popolo. Noi siamo qui per ascoltare e capire meglio questa situazione». «Di fondo – ha aggiunto Angelelli, orginario di Terni, città di acciaierie – c’è una sensibilità personale che nasce nei primi 25 anni della mia vita».
«La tentazione di spostare, allontanare e diluire il problema è costante ed evidentemente illusoria. Invece ragioniamo in termini di salute globale, ma anche di mobilità globale: spostiamo le persone, le merci e i cibi, quindi non si possono limitare le contaminazioni attraverso confini», ha chiarito ancora don Angelelli. «Non me la sento di poter accettare che la vita sia un parametro da mettere a confronto con altri. Serve necessariamente un approccio olistico e davvero sistemico: quello che prevengo oggi, anche ragionando in termini squisitamente economici, sarà un risparmio sui costi aggiuntivi della sanità che in futuro non potrò sostenere», ha chiarito. Infine, «pongo il tema della comunicazione. Infatti assistiamo al fenomeno della dis-intermediazione: le persone non attingono le informazioni più da fonti di riferimento primarie e scientifiche, ma da fonti secondarie e terziarie improbabili, anche dal web. Ora neppure la scienza non è più un parametro di riferimento: l’abbiamo sperimentato con il Covid. C’è anche un tema di autocensura degli editori stessi, con interessi che comprimono: abbiamo deciso come Ufficio di sfondare questo tetto».