Coraggiosi, ma a metà.
L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha fatto un passo avanti e due indietro nella gestione in Italia della «pillola dei 5 giorni», il farmaco catalogato come "contraccettivo d’emergenza" ma sul quale grava il (documentato) dubbio che possa avere anche effetti abortivi. Un capo d’imputazione che trova fondamento in un filone della letteratura scientifica e contro il quale si sono mossi con determinazione l’Ema (l’autorità di farmacovigilanza europeo, omologa dell’Aifa) e l’azienda produttrice, la francese Hra Pharma. All’ingiunzione dell’Ema di modificare l’attuale disciplina togliendo l’obbligo di ricetta medica e di test negativo di gravidanza e declassando la pillola dei 5 giorni al rango di farmaco da banco, come un colluttorio o un callifugo, l’Aifa ha opposto un mezzo rifiuto:
la prescrizione resta, ma solo per le minorenni.
E l’esame di gravidanza sparisce. Notato che anche chi aveva spinto per la rimozione completa della ricetta trova ora saggia la scelta dell’Aifa –
che dovrà comunque essere ratificata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin –, va sottolineato che almeno sono state ascoltate le voci preoccupate di chi teme un uso irresponsabile di un farmaco a elevata concentrazione ormonale e somigliante nel suo meccanismo d’azione alla pillola abortiva Ru486. Per il direttore dell’Aifa
Luca Pani la pillola dei 5 giorni, che ha l’effetto di impedire o fermare una gravidanza appena iniziata se viene assunta entro 120 ore da un rapporto potenzialmente fecondo, non presenterebbe «grandi problematiche» ma «sull’uso ripetuto e incontrollato non ci sono dati sufficienti per garantirne la sicurezza». Un giudizio che avrebbe dovuto consigliare la conservazione della ricetta a prescindere dall’età. Ma la Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa ha preferito scegliere una soluzione di compromesso ascoltando solo in parte il parere del Consiglio superiore di sanità che pochi giorni fa aveva suggerito la conservazione della disciplina vigente. La palla passa a Beatrice Lorenzin.