giovedì 9 novembre 2017
Nei laboratori americani si stanno sviluppando modelli per «leggere» dentro il Dna degli embrioni caratteri fisici, somatici e intellettivi
Ansa

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Un oroscopo genetico: sarà pure sofisticato, ma sempre oroscopo resta. E non fa un buon servizio alla scienza chi spaccia oroscopi per sviluppo scientifico. Negli ultimi anni, con la possibilità diffusa di sequenziare a basso prezzo il genoma umano nella sua interezza, è tutto un fiorire di previsioni sul futuro degli esseri umani grazie alla lettura delle loro sequenze genomiche, da cui sembra si possa letteralmente ricavare di tutto.

Un esempio ce lo offre Antonio Regalado, sulla rivista Mit Technology Review: in un suo articolo del 1° novembre scopriamo che siamo entrati nella 'eugenetica 2.0', poiché potremo presto scegliere gli embrioni formati in laboratorio non solo in base alla presenza o meno di patologie ereditarie conosciute (come la fibrosi cistica) ma anche considerando peso, altezza, colore della pelle e persino intelligenza della persona adulta che quell’embrione diventerà (il che significa ammettere che la selezione di embrioni in base alla diagnosi di patologie genetiche è la ben nota, classica eugenetica nella sua versione originale). Ci stanno lavorando sodo quelli della «Genomic Prediction », azienda che offre servizi di diagnosi genetica, in particolare la Epgt (Expanded preimplantation genomic testing). In sintesi, si tratta di una diagnosi genetica embrionale in grado di rilevare non solo le patologie dovute a mutazioni di un singolo gene ma anche di valutare «centinaia di migliaia di variabili genetiche», riconducibili alla stima del rischio di patologie causate da mutazioni poligeniche complesse.

Nel primo caso si tratta di una diagnosi certa (nei limiti della precisione del metodo), mentre nella Epgt c’è una probabilità, espressa come «punteggio di rischio poligenico». Il metodo consiste nell’unire nuove tecniche di sequenziamento genomico all’uso di modelli statistici, basati su enormi raccolte di dati genetici (l’ordine di grandezza è di centinaia di migliaia di persone di cui è stato esaminato il Dna) ottenuti da biobanche o da studi di popolazione di grandi dimensioni. L’idea è che piccole differenze genetiche possono costituire un rischio maggiore per una persona, ad esempio, di ammalarsi di diabete, ma anche – e qui è il passo successivo – una probabilità di essere più o meno alta. Il «punteggio di rischio poligenico» potrebbe infatti dare informazioni sul rischio di contrarre alcune patologie (come l’Alzheimer) ma è anche il criterio usato nei test genetici commerciali per stabilire certe caratteristiche fisiche, come la predisposizione al sovrappeso (lo propone l’azienda «23andMe»).

Il problema è quando le ricerche scientifiche serie in questo ambito vengono utilizzate per operazioni puramente commerciali, facendo un tutt’uno fra studi specialisti e veri e propri oroscopi. La possibilità di individuare i soggetti ad alto rischio genetico di patologie coronariche, per esempio, consentirebbe di fare una prevenzione adeguata, anche mediante l’adozione di stili di vita opportuni e mirati. Il problema è se si vuole utilizzare questa metodologia non su adulti, ai quali può fornire informazioni più o meno utilizzabili, ma su embrioni umani formati in laboratorio.

La «Genomic Prediction» sta già lavorando per identificare quegli embrioni il cui «punteggio di rischio», relativamente ad alcune patologie, li pone fuori dalla 'normalità', cioè «dalla parte sbagliata di una curva statistica per disordini come il diabete, l’osteoporosi tardiva, la schizofrenia». Si vorrebbe cioè offrire agli operatori di fecondazione in vitro un metodo per individuare gli embrioni più a rischio di sviluppare alcune patologie non monogeniche.

Già su questo ci sarebbe moltissimo da dire, a partire dall’affidabilità – scarsa, dicono gli studiosi – del metodo applicato a livello embrionale, per non parlare della enorme problematica della selezione embrionale, per di più in base alla stima di un rischio e non in presenza di una diagnosi. Ma si arriva all’oroscopo vero e proprio quando il «punteggio di rischio» viene stimato per caratteristiche come altezza, peso, socialità e intelligenza dell’adulto che da quell’embrione si svilupperà. «Supponi che io possa dirti che l’embrione numero 4 sarà il più alto, il numero 3 il più basso, e che il 2 sarà molto antisociale. Questo è il futuro prossimo che la nostra civiltà affronterà». L’ha dichiarato Stephen Hsu, fisico della Michigan State University, tra i fondatori di «Genome Prediction». E anche se per ora la company si 'limita' a calcolare punteggi di rischio solo per patologie, Hsu è impegnato sulla selezione embrionale per tratti fisici: è suo un modello che consente di prevedere l’altezza di una persona in base al Dna, con una precisione inferiore a tre centimetri (il modello funziona però solo grazie alla grande disponibilità di dati genetici di popolazioni nord europee, e quindi fallisce su persone di diversa provenienza etnica).

Ma secondo Hsu è l’intelligenza «il fenotipo più interessante». Insieme a Laurent Tellier, bioinformatico dirigente della medesima società, Hsu è coinvolto in un progetto di ricerca in Cina per sequenziare il genoma di persone 'geniali' in matematica. Nel suo saggio Super-intelligent humans are coming tre anni fa Hsu ha spiegato che selezionare gli embrioni secondo l’intelligenza consentirebbe un aumento di 15 punti del quoziente intellettivo dei nati.

È stupefacente la leggerezza con cui anche studiosi per cui il rigore dovrebbe essere abituale parlano di socialità e intelligenza determinabili in base al Dna, spacciando questo come futuro orizzonte del progresso scientifico. Che differenza c’è con l’oroscopo? O forse dovremmo pensare, più che alla superficialità di certi atteggiamenti, all’intenzione più o meno consapevole di determinare la vita altrui? Non emerge forse la pretesa di disporre della vita degli altri, a cominciare da quella di chi ancora deve nascere? La pretesa degli esperti di stabilire il best interest anche di chi deve ancora essere concepito?

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