La "vela" per la vita coperta dal drappo "per la libertà"
Annunciano un esposto in Procura le due associazioni – Pro Vita e Ora et Labora in Difesa della Vita – che hanno fatto collocare il manifesto a sostegno della vita nascente davanti alla Clinica Mangiagalli di Milano e se lo sono visto coprire da un lenzuolo con la scritta «Viva la libertà», e dopo una giornata di polemiche persino rimuovere dalla concessionaria dello spazio pubblicitario, la Geda. Il manifesto è una "vela" appesa a un palo della luce: su due foto che ritraggono una madre col neonato e la pancia di una donna in gravidanza che tiene tra le mani la foto di un’ecografia – reca la scritta «Non fermare il suo cuore. Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso e sarà coraggioso. Perché tu lo sei!». Da quanto riferiscono i suoi ideatori, è esposto davanti alla Mangiagalli «da metà settembre 2018, avendo ottenuto dal Comune di Milano il permesso per un anno, con il pagamento di quanto previsto per questo genere di pubblicità». Tutto regolare, visto e autorizzato grazie al vaglio dei competenti uffici comunali sulla congruità di messaggio e immagini a regolamenti e codici. Ma se è vero che la "vela" era esposta non da ieri davanti all’ospedale dove nasce un gran numero di bambini (e dove molti vengono anche abortiti), perché il divampare improvviso della polemica che ha portato a coprire e poi far sparire il manifesto?
Il gesto che in un colpo solo ha negato il diritto a esprimere una libera opinione, oscurando un manifesto dai toni non provocatori – com’era invece accaduto in altre iniziative – ma orientato a far riflettere le madri, le donne e i milanesi su un tema delicato e importante come la scelta di tenere il proprio bambino o rinunciarvi abortendolo, è stato compiuto, secondo quanto ha dichiarato la ginecologa della Mangiagalli Alessandra Kustermann, ritenendo «inaccettabile puntare il dito contro chi decide di interrompere una gravidanza, perché so bene con quanto dolore una donna arriva a fare una scelta del genere. La gran parte di loro decide così perché non sa come tirare a campare o perché il figlio ha una grave malformazione. Facciamo di tutto per non farle sentire in colpa, poi arrivano questi e fanno di tutto per colpevolizzarle. Non mi sento un’abortista e non amo l’aborto. Difendo solo il diritto all’autodeterminazione delle donne». Parole che hanno trovato eco anche a Palazzo Marino. Di «manifesto chiaramente crudele e provocatorio sia nei contenuti che nel posizionamento» ha parlato in aula la consigliera comunale del Pd, Diana De Marchi, secondo la quale «si tratta di foto e parole offensive e ricattatorie per chi sta scegliendo, spesso con sofferenza, di abortire».
L’iniziativa censoria potrebbe avere a che fare col fatto che l’associazione Ora et Labora in Difesa della Vita è stata recentemente autorizzata dalla Prefettura a tornare sulla strada davanti alla Mangiagalli – via della Commenda – per le sue abituali iniziative di preghiera e di informazione contro l’aborto, dopo un lungo periodo nel quale le era stato imposto di non allestire manifestazioni simili per evitare incidenti con gruppi femministi e centri sociali, sempre pronti a reagire con decisione. Per chi alle iniziative pubbliche preferisce azioni più discrete e intime vengono organizzati ogni mercoledì nella cappella dell’ospedale incontri di preghiera per la vita che nasce e per quella che viene spenta nel grembo materno, per qualsiasi motivo. La cappella è intitolata ai Santi Innocenti.