martedì 14 maggio 2024
Cosa sappiamo veramente della continuità della vita da dopo il concepimento alla nascita e al primo periodo successivo? Al convegno Cei di Pastorale della salute una sessione per confrontarsi
Medicina perinatale per conoscere (davvero) la vita appena nata
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Il convegno nazionale di Pastorale della Salute organizzato dalla Cei a Verona ha avuto anche un’importante sessione sulla medicina perinatale (a cura di Mary for Life e Associazione Difendere la Vita con Maria-Advm). In questa sede abbiamo avuto occasione di parlare della fragilità del periodo che gira intorno al parto, con tutte le sue problematiche: belle e tragiche, come sappiamo.
Colpisce il passo realmente nuovo che l’organizzazione ha voluto dare al tema: non parlare a mo’ di slogan o di precetti su come rispettare la vita ma dando la parola a professionisti che narrassero i meandri del loro lavoro, senza nascondere dubbi, difficoltà, ma anche spiegando vie di uscita, prospettive future. Alessandro Cecchi, direttore del Centro di Diagnosi prenatale di II Livello Loreto Est Ancona, ha raccontato la sua esperienza di fronte alle problematiche della diagnosi prenatale, sottolineando che il suo lavoro non è solo di “diagnosi” ma di reale cura, che non trascura le difficoltà della donna, che sa accompagnarla senza opprimere, che sa prendere per mano le patologie viste nel percorso, soprattutto delle maternità difficili, di quelle che richiedono cure palliative o la presenza di hospice.

La mia relazione prendeva lo spunto dal testo appena pubblicato I primi 1000 giorni d’oro (Ancora) in cui da pediatra spiego che la vita infantile debba essere guardata secondo un asse orizzontale e uno verticale. Quello orizzontale è guardare il bambino includendo il suo ambiente, le sue prospettive, le sue paure, anche quando ancora non è in grado di parlare: è proprio nei primi mesi che si forma la personalità, e purtroppo sono i mesi più trascurati da tutti. L’asse verticale è guardare la vita già nata sapendo che molto di quella vita si capisce solo guardandone il passato, indietro fino al momento del concepimento.
Maria Rosaria Montemurro, psicologa e psicoterapeuta familiare, ha parlato dell’importanza della famiglia nell’approccio al bambino piccolo, al suo sviluppo mentale e sociale, insistendo sull’importanza del padre, del suo diventarlo lentamente, mentre la mamma è già pronta con la gravidanza, col rallentamento e potenziamento delle sue caratteristiche, a impossessarsi del proprio ruolo. E ha spiegato le fatiche delle notizie difficili date male ai genitori e di come rendere la comunicazione un momento di incontro in caso di malattia del figlio.

Don Maurizio Gagliardini (Advm) e l’avvocato Emiliano Ferri hanno brillantemente sostenuto l’incontro, che realmente segna un passo importante: uscire da un ambito autoreferenziale e raccontare. Sì, semplicemente raccontare, con la forza delle evidenze e della scienza, smantellando pregiudizi o asserzioni dogmatiche, per essere vicini agli uomini e alle donne, e ai loro bambini, nei momenti difficili, in cui giudicare o abbandonare è così facile che in tanti si sentono soli e disperati. Ma forse un antidoto a tanta disperazione c’è; e incontri come questi ce lo mostrano.

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