mercoledì 11 settembre 2024
Il sofisticato progetto della Scuola Sant'Anna di Pisa traduce gli impulsi dal cervello in segnali per muovere l'arto. "Mi ha permesso di recuperare emozioni perdute"
A destra, mano robotica sperimentata dall'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa

A destra, mano robotica sperimentata dall'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa - https://www.youtube.com/watch?v=Obf_bC3x5ZU

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«Questo risultato corona un percorso di ricerca lungo decenni»: è il commento di Christian Cipriani, il coordinatore del progetto che ha permesso la realizzazione della prima mano robotica a controllo magnetico. Il dispositivo, messo a punto da un gruppo di ricerca dell’Istituto di BioRobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, rappresenta l’avanguardia nel mondo dell’ortopedia robotica.

Daniel, un italiano di 34 anni che ha perso la mano sinistra nel 2022, ha potuto sperimentarla per un periodo di sei settimane. «Questo sistema – racconta – mi ha permesso di recuperare sensazioni ed emozioni perdute». Dall’aprire un barattolo a usare un cacciavite, dal tagliare con il coltello all'azionare una zip, Daniel - scelto per testare la mano robotica perché sentiva ancora la presenza della mano e i muscoli residui del suo braccio rispondevano alle intenzioni di movimento - racconta che «è stato come muovere di nuovo la mia mano». La protesi, infatti, restituisce alla persona un feedback tattile grazie a sensori di forza e posizione situati sulla mano. Un disegno sofisticato capace non solo di compiere le prese principali utili nella vita quotidiana ma anche di garantire la mobilità indipendente di pollice e indice.

Per la realizzazione del progetto Myki, finanziato dalla Commissione Europea tramite uno "starting grant" del Consiglio Europeo della Ricerca (Erc), sono stati sfruttati i principi del campo magnetico. Il sistema innovativo adottato alla Scuola Sant'Anna prevede l’uso di piccoli magneti, delle dimensioni di qualche millimetro, da impiantare nei muscoli residui del braccio amputato. «Ci sono venti muscoli nell’avambraccio – spiega Cipriani – e molti di questi controllano la mano. Molte persone che perdono una mano continuano a sentirla come se fosse ancora al suo posto e i muscoli residui si muovono in risposta al comando che arriva dal cervello».

Attraverso un ingegnoso programma, i ricercatori sono riusciti a tradurre gli input automatici provenienti dalla mente in segnali per controllare le dita della mano.Grazie a un complesso intervento chirurgico eseguito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, sei magneti sono stati trapiantati nel braccio di Daniel. Per ogni dispositivo si è dovuto localizzare e isolare il muscolo appropriato. I risultati della sperimentazione hanno dato risultati straordinari e molto promettenti. «Lavorare insieme a Daniel – racconta Marta Gherardini, prima autrice dello studio – ha concretizzato la consapevolezza che possiamo fare tanto per migliorare la sua vita e quella di molte altre persone. È questa la più grande motivazione che ci spinge a continuare il nostro lavoro e a fare sempre meglio».

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