giovedì 27 febbraio 2020
Un portale online e l’impegno per il Piano nazionale. Dalla ricerca speranze con la terapia genica e farmaci innovativi. Il tweet del Papa e il messaggio del cardinale Turkson
Papa Francesco incontra Lorenzo, un bimbo affetto da malattia rara, il 26 febbraio 2014

Papa Francesco incontra Lorenzo, un bimbo affetto da malattia rara, il 26 febbraio 2014 - Ufficio stampa Telethon

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"La Giornata delle Malattie Rare ci offre l'occasione di prenderci cura, tutti insieme, dei nostri fratelli e sorelle che ne sono affetti, integrando ricerca, cure mediche e assistenza sociale, in modo che abbiano pari opportunità e possano avere una vita piena". Lo scrive Papa Francesco in un tweet. In occasione della XIII Giornata delle Malattie Rare il Prefetto del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale, il card. Peter Turkson, ha inviato un messaggio. "Non dobbiamo dimenticare - sottolinea Turkson - che il diritto fondamentale alla salute e alla cura attiene al valore della giustizia e che la diseguale distribuzione delle risorse economiche, soprattutto nei Paesi a basso reddito, non permette di garantire una giustizia sanitaria che tuteli la dignità e la salute di ogni persona, specialmente le più bisognose e povere. Nelle malattie rare la ricerca scientifica gioca un ruolo sostanziale per migliorare la vita dei malati" e "per questo, la conoscenza scientifica e la ricerca delle Industrie farmaceutiche anche se attengono a delle leggi proprie, come la tutela della proprietà intellettuale e un equo profitto quale supporto all'innovazione, devono trovare appropriate composizioni con il diritto alla diagnosi e all'accesso alle terapie essenziali soprattutto nel caso delle malattie rare".

Trecento milioni di persone in tutto il mondo, e circa 325mila in Italia, censiti dal Registro Nazionale Malattie Rare, soffrono di patologie ancora senza un nome. Per seimila patologie invece il nome c’è, ma per molte di esse non esiste una cura. Nel giorno dedicato alle malattie rare, non a caso il 29 febbraio, giorno anch’esso raro del nostro calendario, nello slogan 'Rare is many. Rare is strong. Rare is proud' è racchiuso l’appello alla comunità scientifica ma anche alle istituzioni, perché questi pazienti non si sentano esclusi dalla società e dai percorsi terapeutici. Le iniziative a sostegno dei malati rari non mancano.

Grazie alla collaborazione tra ministero della Salute e Centro Nazionale Malattie Rare (Cnmr) dell’Istituto Superiore di sanità, con il sostegno del ministero dell’Economia e delle Finanze e il supporto del Poligrafico dello Stato, da poco è attivo un nuovo portale (www.malattierare.gov.it) nel quale è possibile orientarsi se si è alla ricerca di centri specialistici, o anche solo di informazioni su una determinata patologia. «Già nei primi anni 90 – ricorda Domenica Taruscio, direttore del Cnmr – ascoltando i bisogni delle famiglie ci siamo resi conto di quanto sia cruciale sentire le loro esigenze, non solo dal punto di vista medico. Abbiamo creato laboratori di medicina narrativa, che si basano sull’ascolto e sul concetto che la malattia si fonda su segni e sintomi, ma anche sulla percezione che si ha di sé e quella sociale. Abbiamo voluto promuovere corsi per rafforzare le capacità genitoriali, di accoglienza e reattività, e fornire strumenti di supporto. Per promuovere l’inclusione, serve ritornare ad un’idea di medicina che non è soltanto meccanicistica, ma si prenda cura della persona, nella sua completezza».

Qualche spinta positiva arriva anche da parte di diversi parlamentari. «Noi vorremmo che il ministero si decidesse ormai davvero da tempo a varare il Piano nazionale delle malattie rare, fermo dal 2006, e sarebbe ora che potessimo attingere a una visione organica strutturata per tutto quello che riguarda la presa in carico di questi pazienti», rimarca la senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo parlamentare delle Malattie Rare. Il disegno di legge sulle malattie rare in questo momento è in discussione alla Camera. «Vorremmo che potesse trovare vita quanto prima l’approvazione ma anche la sua applicazione. Nell’attesa, abbiamo scritto una mozione, sottoscritta da una quarantina di colleghi, nella quale facciamo leva sulla possibilità di intensificare l’assistenza domiciliare per i pazienti affetti da una malattia rara».

Le associazioni dei familiari aspettano risposte concrete. «Auspichiamo che si proseguano i lavori del Piano nazionale delle malattie rare – ribadisce Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo Fimr Onlus (Federazione italiana malattie) –. Vorremmo che il testo di legge unificato possa essere recepito con gli emendamenti che noi abbiamo proposto lo scorso ottobre, durante le audizioni alla Camera. Chiediamo per esempio che si possa allargare lo screening, e che ci si prepari all’arrivo delle terapie innovative e avanzate».

Sul piano della ricerca le novità sembrano incoraggianti. Bruno Vincenzi, professore associato di oncologia all’Università Campus-Biomedico di Roma, si occupa di tumori rari. «Molto spesso esistono tumori che vengono diagnosticati in pazienti affetti da sindromi genetiche, a loro volta rarità nella rarità. Presi complessivamente tutti i tumori rari rappresentano il 20 per cento dei pazienti oncologici». Grazie agli studi condotti da circa 20 anni e alla sinergia dei centri di riferimento europei arrivano risultati sempre più positivi. «Le nostre conoscenze nell’ambito di alcune patologie rare, per esempio dei tumori gastrointestinali per i quali sino agli inizi degli anni duemila non c’era una terapia specifica, sono cresciute. Grazie allo studio anche molecolare – rimarca Vincenzi – si è riusciti a produrre nel corso degli anni tante linee terapeutiche. Adesso ci sono due nuovi farmaci in rampa di lancio, che arricchiranno questo scenario».

Maria Ester Bernardo, medico e ricercatore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica, invece, si occupa di medicina traslazionale. «Le strategie innovative di terapia genica in vivo negli ultimi 10 anni hanno offerto una cura reale a pazienti con malattie genetiche rare – racconta –. Di fatto occorre prelevare le cellule staminali ematopoietiche del paziente, correggere il loro difetto genetico in laboratorio attraverso l’uso di vettori virali che introducono la copia corretta del gene nelle cellule staminali del paziente. Poi ritrapiantarle al paziente. Infine, si somministra la chemioterapia per fare spazio per l’attecchimento delle cellule corrette. Vogliamo riuscire a studiare approcci innovativi e poi portarli al letto del paziente, farli diventare una cura».

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