Dietro questo risultato, c’è, dunque, un lunghissimo lavoro. L’intuizione di poter ricreare in laboratorio epiteli di rivestimento, a partire dagli anni ’90, ha avuto il primo riscontro nella possibilità di rigenerare la cornea mediante l’espansione delle staminali contenute in quella piccola zona dell’occhio denominata "limbus", tra la cornea e la congiuntiva. Colture autologhe di staminali del "limbus" sono, così, nel tempo diventate routine per la rigenerazione della cornea e il recupero della capacità visiva in pazienti che hanno subìto ustioni o traumi consistenti, ma anche nei casi di leucoma e distrofia corneale. Le cellule prelevate vengono coltivate in laboratorio, inserite su un supporto di fibrina e quindi inviate alla struttura che eseguirà l’innesto. Si ottiene, così, una cornea trasparente e stabile, senza reazioni di rigetto. Dal 2007, l’Unione europea ha stabilito che i prodotti per terapie avanzate basati su colture cellulari siano classificati come prodotti medicinali, e pertanto regolamentati dall’Ema secondo le stesse norme di qualità dell’industria farmaceutica. In questo caso l’officina di riferimento certificata secondo le "buone norme di fabbricazione" è proprio il Centro di Modena, il cui scopo è quello di estendere la ricerca alla ricostruzione di nuovi tessuti e alla cura di varie malattie genetiche attraverso l’applicazione di protocolli di terapia genica.Per i nuovi tessuti da rigenerare a partire da staminali adulte si sta lavorando sulla mucosa uretrale e quella del cavo orale ma anche sui tessuti connettivali che vengono persi, ad esempio, nelle ulcere diabetiche. La cura dell’epidermolisi bollosa è stato il primo successo al mondo di terapia genica con staminali adulte al di fuori del campo delle malattie del sangue: si tratta di una patologia genetica della pelle che comporta il distacco dello strato superficiale, l’epidermide, da quello più profondo, il derma, con sviluppo di lesioni bollose, ferite e infezioni. I pazienti sono stati trapiantati con lembi di pelle sani ottenuti in laboratorio da staminali epiteliali corrette geneticamente, portatrici, cioè, di una copia del gene sano che una volta innestate, hanno portato alla guarigione del difetto. È il risultato tangibile e già funzionante di un rigoroso lavoro scientifico che, a partire dal dato della malattia genetica che si vuole vincere, individua come soluzione una terapia efficace e non l’eliminazione dell’individuo portatore del difetto, come si finisce per fare con la diagnosi genetica pre-impianto.
Il beneficio delle staminali per la cura di malattie genetiche è ormai accertato da anni: in primo luogo per le malattie ereditarie del midollo osseo come le immunodeficienze congenite, la beta talassemia e l’anemia falciforme, oppure la leucodistrofia metacromatica per le patologie neurodegenerative. Si stanno facendo strada, inoltre, altre possibilità terapeutiche innovative come il trapianto in utero di staminali o protocolli di terapia genica in utero. Il modello operativo seguito dal Centro di medicina rigenerativa «Stefano Ferrari» consente di avere sufficiente tecnologia, risorse e competenze per far avanzare anche l’aspetto applicativo della ricerca e impiegare su larga scala i risultati ottenuti.