Lo striscione esposto allo stadio di Bergamo
Quando i giocatori dell’Atalanta hanno srotolato lo striscione, in tanti sono scoppiati a piangere. Venerdì scorso, durante la festa per la conquista dell’Europa League, a un certo punto sull’autobus trasformato in carro trionfale è spuntata la scritta: “I familiari delle vittime - Questa coppa è anche per voi". Chiaro e toccante il riferimento a chi è stato portato via dal Covid. Tutta Bergamo ha colto il messaggio e la commozione si è mescolata alla gioia per il successo sportivo. Emozioni contrastanti e intense, che hanno lasciato il segno. In un panorama calcistico dove le vittorie sono spesso occasione di sfottò (anche volgari) ai rivali, l’omaggio atalantino è stato un bel modo per coinvolgere nella festa anche chi non c’è più, e che avrebbe tanto voluto assistere al momento più alto della storia nerazzurra. L’idea è venuta a Consuelo Locati, avvocato dell’associazione che riunisce i familiari delle vittime del Covid, da 4 anni impegnati nella battaglia per chiedere verità sulla tragedia pandemica. “Ho pensato che sarebbe stato bello dedicare il trofeo anche ai nostri morti – racconta - Con l’aiuto di alcuni amici tifosi ho preparato la scritta e poi ho chiesto all’Atalanta se avevano voglia di condividere con noi un momento particolare dentro la grande festa di piazza. Ci hanno subito detto sì. Quando i giocatori, l’allenatore Gasperini e il presidente Percassi hanno mostrato lo striscione è stato chiaro che la nostra non è solo una vicenda giudiziaria. Dentro di noi non c’è solo voglia di giustizia ma soprattutto un grande vuoto lasciato dai nostri cari”.
L’avvocato Locati, va da sé, è una grande tifosa da sempre.
“Indosso sempre la maglia nerazzurra quando vado alla partita. E confesso che quando la squadra ha alzato la Coppa nel cielo di Dublino il mio pensiero è subito andato a papà Vincenzo, che mi aveva trasmesso questa passione e che è stato portato via dal virus”.
L’associazione (denominata #sereniesempreuniti, a sottolineare il senso di pacifico dolore che la contraddistingue) è presieduta dalla sorella Cassandra e rappresenta in tutto circa 700 familiari, che hanno pianto 260 defunti. Vedendo il pullman dell’Atalanta accerchiato dalla folla è stato inevitabile correre indietro nel tempo e confrontare la scena con quella gelida immagine del 18 marzo 2020, in cui i camion militari trasportarono le bare nella città deserta e spettrale. In mezzo, tra le due istantanee, ci sono stati quattro anni di rinascita, simboleggiati e accompagnati dalla cavalcata inarrestabile della squadra orobica. Il sindaco Giorgio Gori, il giorno dopo la finale vinta 3-0 sul Bayer Leverkusen, ha sintetizzato così il sentimento di rivincita di una comunità intera: “Ci ricordavano tutti per essere stati l’epicentro della pandemia. Adesso siamo tornati nelle tv di tutto il mondo con un episodio gioioso che rilancia la nostra città”.
Dopo le tante, troppe lacrime, Bergamo ha finalmente sorriso. Resta, sullo sfondo, la legittima richiesta di sapere cosa realmente accadde in quei maledetti giorni: Bergamo è il posto dove il Covid ha colpito più crudelmente. I familiari delle vittime vogliono semplicemente sapere perché, e se qualcuno ha commesso degli errori che si potevano evitare. La partita giudiziaria, iniziata dai loro esposti, è ancora aperta. L’inchiesta della procura di Bergamo è stata smembrata in vari tronconi, visto che è stata chiamata in causa la responsabilità di membri del governo di allora. Ora si attendono due udienze a Roma: una civile il 5 giugno, l’altra penale il 20. E’ poi pendente il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la decisione del Tribunale dei ministri di archiviare alcune accuse: già dichiarato ammissibile, si saprà a fine anno se sarà accolto e discusso. Una perseveranza che finora ha rimbalzato contro un muro. "In Gran Bretagna la commissione governativa ha concluso da tempo la sua indagine, costringendo Boris Johnson a chiedere scusa. Da noi la commissione parlamentare non è ancora partita e le scuse non sono mai state pronunciate da nessuno”. Il 18 marzo scorso i familiari delle vittime si sono ritrovati ad Albino, uno dei due paesi insieme ad Alzano dove il contagio divampò. Ricordi, abbracci, soprattutto tanta musica. “E’ stato il nostro modo di onorare i nostri cari. Anche perché alle commemorazioni ufficiali, in questi 4 anni, non siamo mai stati invitati…”