Il logo del Senato - Ansa
Dopo il nulla di fatto del 26 marzo, il Senato riprova ad avviare l’esame del disegno di legge sulla depenalizzazione parziale del suicidio medicalmente assistito: le commissioni Giustizia e Affari sociali sono state infatti riconvocate per il 4 aprile. Il governo questa volta si presenterà, consentendo di avviare l’iter parlamentare di una delle leggi più spinose, delicate, controverse e divisive della storia repubblicana? Partiamo dal riepilogo di quel che è accaduto (o meglio, non è accaduto) dieci giorni prima di questa nuova convocazione, nella cronaca di Angelo Picariello.
Il governo, assente, ha impedito che fosse incardinata al Senato la discussione sul fine vita in base ai quattro disegni di legge depositati dalle opposizioni, che ora insorgono, mentre se ne annuncia un quinto, presentato da Forza Italia.
Il regolamento del Senato consente, a un terzo dei componenti, di formalizzare una proposta che deve andare all’esame dell’aula. Le opposizioni, facendo leva su questa norma regolamentare avevano fatto fronte unico, mettendo insieme i firmatari della proposta principale, a prima firma di Alfredo Bazoli, capogruppo in commissione Giustizia del Pd; quella di un altro esponente dem, Dario Parrini; quella di Avs (Alleanza Verdi e Sinistra), presentata dal capogruppo Peppe De Cristofaro; quella del M5s, a prima firma di Elisa Pirro.
Per formalizzare la messa all’ordine del giorno della discussione, individuati già i due relatori di maggioranza (Pierantonio Zanettin di Fi e Ignazio Zullo di Fdi), mancava solo la presenza del governo nelle commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali. Ma dieci minuti prima della seduta i senatori hanno ricevuto un sms in cui veniva comunicata l'annullamento della seduta, proprio per l'assenza del governo.
Dura la reazione delle opposizioni. I capigruppo del Pd nelle due commissioni, Alfredo Bazoli e Sandra Zampa, definiscono «sorprendente e inspiegabile che, a pochi minuti dall’inizio della seduta, siano state sconvocate le commissioni riunite per l’esame della legge sul fine vita» e «inaccettabile» la motivazione: «Si trattava di fare le relazioni introduttive e stabilire un calendario dei lavori, per il che bastava un sottosegretario privo di delega specifica», ricordano. Auspicano ora che si tratti di «un rinvio a brevissimo», mentre «non sarebbe accettabile un atteggiamento ostruzionistico su un tema così importante sul quale il Parlamento è in grave ritardo». Il riferimento è alla nuova sollecitazione venuta dal presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera, intervenuto dopo il tentativo del Veneto di legiferare in proprio. Da Peppe De Cristofaro, capogruppo di Avs, l’accusa al governo è quella di di voler «affossare la legge».
Ma a stretto giro si inserisce una importante novità. Si aggiunge, infatti, un nuovo testo, di tutt’altro tenore, presentato da Forza Italia, primo firmatario il vicecapogruppo Andriano Paroli. «I temi etici che riguardano questioni fondamentali come il fine vita – spiega – non sono un monopolio del Pd. Non è solo giusto ma anche doveroso che su temi così importanti il dibattito parlamentare tenga conto di tutte le posizioni e le sensibilità presenti nella società. È quel che ha fatto Forza Italia depositando un testo equilibrato che cerca di contemperare tutti gli aspetti: la sofferenza del paziente e di chi gli è accanto ma anche la tutela del bene primario della vita, che non è disponibile per nessuno e tanto meno può essere messo nella disponibilità di terzi».
Spiega così, Paroli, la genesi della sua proposta: «Quando è arrivata la nuova sollecitazione di Barbera ne ho parlato con il mio capogruppo Maurizio Gasparri, ritenendo che non ci si potesse prestare al gioco della sinistra che, nella necessità di approvare una legge, puntava a non avere altre proposte in discussione oltre alla sua».
Nel merito, questa proposta di Fi sul testamento biologico punta a rendere effettivo il ricorso alle cure palliative; non considera trattamenti sanitari l’idratazione e l’alimentazione, «pur se garantite attraverso ausili tecnici» e stabilisce che la «somministrazione di sostanze nutritive» deve sempre «seguire i criteri dell’appropriatezza medica». Inoltre viene considerato meno grave, ma pur sempre reato, l’aiuto al fine vita dato dai conviventi della persona malata terminale che ne chiede l’intervento. Viene poi disciplinato il ricorso all’obiezione di coscienza per il medico e per il personale sanitario.
Il ddl di Fi, di fatto, ricalca per grandi linee la proposta avanzata dalla senatrice Paola Binetti, dell’Udc, nella scorsa legislatura. Il testo modifica anche l’articolo 580 del Codice penale, stabilendo una pena da 6 mesi a 2 anni «quando l’autore convive stabilmente con il malato e agisce in stato di grave turbamento determinato dalla sofferenza altrui». Mentre la Consulta aveva invece delimitato un ambito di non perseguibilità del suicidio assistito, nei casi di malattia irreversibile e sofferenze intollerabili di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, ma capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Torna all’attacco il Pd: «Un fatto gravissimo» a proposta di Fi, per Bazoli e Russomando, «sia nel metodo che nel contenuto, peggiorativo – sostengono – addirittura rispetto alla legge del 2017, su alleanza paziente-medico». Ora si tratterà di capire se la maggioranza farà sua questa proposta dando il via libera su nuove basi alla discussione in aula.