Sono ancora numerose le riflessioni di istituzioni, realtà associative e personalità cattoliche all’indomani della bocciatura del referendum sull’omicidio del consenziente. Per il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, con questa sentenza la Consulta «restituisce al Parlamento la responsabilità di trovare una legge che regoli questa fase conclusiva della vita». «La Corte – aggiunge in una dichiarazione video su Twitter – non ha preso a cuor leggero la sua decisione, parlando peraltro della difesa della vita più fragile. Tutti conosciamo le sofferenze a volte drammatiche di chi deve affrontare i momenti finali della propria vita».
Dal Vaticano un’altra voce autorevole è quella del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita che in una nota ricorda che «il suicidio medicalmente assistito e l’eutanasia non sono forme di solidarietà sociale né di carità cristiana e la loro promozione non costituisce una diffusione della cultura della cura sanitaria o della pietà umana. Altre sono le strade della medicina degli inguaribili e del farsi prossimo ai sofferenti e ai morenti. Come quella che da Gerusalemme scende a Gerico, percorsa dal samaritano che si prese cura dell’uomo ferito, non abbandonandolo al suo destino di morte, ma standogli accanto e lenendo il dolore delle sue ferite per come era possibile. Si può sempre accompagnare qualcuno verso la méta ultima della sua vita, con discrezione e amore, come tante famiglie, amici, medici e infermieri hanno saputo fare in passato e continuano a fare oggi. Senza strumenti di morte, ma con la scienza e la sapienza della vita».
Marina Casini Bandini dichiara che il Movimento per la Vita, di cui è presidente, ha «accolto con soddisfazione la notizia che corrisponde alla saggezza giuridica, che manifesta la giusta e doverosa attenzione nei confronti della vita umana la cui tutela è il cardine degli ordinamenti civili ai quali l'ordinamento italiano vuole appartenere. Questa decisione ribadisce la fondamentalità del valore della vita umana nel nostro sistema giuridico ovvero la centralità della tutela della dignità della vita umana nella nostra Carta Costituzionale». La leader di MpV ricorda «la sentenza 35 del 1997 con cui la stessa Corte aveva rigettato la richiesta di referendum radicale – praticamente identica a quella accolta nel 1980 – che voleva abrogare la legge sull'aborto, perché la tutela della vita non può essere abbandonata e fa parte dei principi necessari all'esistenza di un ordinamento democratico». Inoltre «la posizione della Corte aggiunge ulteriori elementi alla discussione in corso sul testo unico sulla morte volontaria assistita, eliminando l'argomento – opinabile – di affrettare il processo legislativo per evitare il referendum». Sgomberato il campo dal referendum, il Movimento per la Vita auspica «che il Parlamento non insista ad allargare le maglie della sentenza 242/2019 introducendo disposizioni eutanasiche, ma si preoccupi piuttosto di riversare il massimo impegno scientifico, tecnico, organizzativo a implementare e diffondere le cure palliative e una adeguata terapia del dolore. La sfida è sempre quella della massima prossimità, della compagnia, della vicinanza affettuosa, dell'accompagnamento nel tratto della vita che tutta la vita riassume, arrivando ad accettare serenamente la morte senza mai cagionarla volontariamente».
Anche il Meic (Movimento ecclesiale di Impegno culturale) «saluta con soddisfazione» la decisione della Corte augurandosi «che il Parlamento approvi una legislazione in tema di fine vita coerente con i valori costituzionali, anche alla luce delle indicazioni del giudice delle leggi, e che l'intera comunità italiana sappia muovere in direzione di una cultura che riconosca quale stella polare la dignità di ogni persona umana e dunque l'esigenza di assicurare ogni cura possibile a tutti, a partire dai più fragili».
«La decisione della Consulta ribadisce che la nostra Costituzione, come la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, è basata sul "favor vitae", sulla pari dignità di tutti gli esseri umani a prescindere dalle singole condizioni sociali, economiche, anagrafiche e di salute e sul riconoscimento delle fondamenta antropologiche della persona umana, del rispetto dei suoi diritti umani intangibili e inalienabili, primo tra tutti quello alla vita. Ora la Camera ne tenga conto». Lo afferma Olimpia Tarzia, responsabile Dipartimento Bioetica e Diritti umani di Forza Italia. «I diritti umani, primo tra tutti quello alla vita – aggiunge –, sono inscritti nella natura stessa dell'uomo in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo, per questo hanno un valore assoluto e non possono, per loro natura, essere assoggettati alle convenienze contingenti della maggioranza di turno. Sono le radici stesse di uno Stato democratico, veramente laico e liberale. Non vogliamo una società organizzata quasi esclusivamente sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore, che consideri anziani, malati gravi, persone con disabilità fisiche o mentali un peso oneroso per le casse dello Stato, che anziché impegnarsi per eliminare le sofferenze fisiche e psicologiche di una malattia tramite le cure palliative – perché essere inguaribile non significa essere incurabile – scelga di eliminare il malato».
Il Dicastero vaticano per Laici, Famiglia e Vita: suicidio assistito ed eutanasia non sono forme di solidarietà sociale. Marina Casini Bandini (Movimento per la Vita): si assicurino cure per tutti
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