martedì 18 marzo 2025
I nuovi bombardamenti su Gaza e gli equilibri geopolitici: come un grande gioco che porta alla distruzione
Lo sconforto di una giovane palestinese a Gaza

Lo sconforto di una giovane palestinese a Gaza - Reuters

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Se per capire il mondo bastasse unire i puntini, come un Grande gioco di una gigantesca Settimana enigmistica globale qual è la situazione in Medio Oriente, bisognerebbe iniziare dal no di Hamas all’"acquisto" da parte di Donald Trump di un ostaggio israelo-statunitense e di altri 11 corpi di americani-israeliani morti in cattività dopo il rapimento del 7 ottobre.

Il puntino seguente sarebbe il disfacimento di quel poco che si era concordato nei colloqui di Doha per la seconda fase della tregua. La linea così formata passerebbe poi attraverso il siluramento del capo dell’esercito di Tel Aviv da parte del premier Benjamin Netanyahu, che ora ha messo con decisione nel mirino anche il numero uno dello Shin Bet, l'organismo che oltre alla sicurezza interna di Israele svolge il lavoro di intelligence a Gaza.

Il quarto puntino è l’attacco americano di sabato sera, con una violenza che non si vedeva da tempo, alle base degli Houthi in Yemen.

Il punto numero cinque è quello del processo che questa mattina Netanyahu doveva affrontare in tribunale (ennesima udienza di uno dei procedimenti che pendono sul suo capo da ben prima dell’inizio della guerra).

Si passa poi all’ombrello che la settimana scorsa Mosca e Pechino hanno aperto sopra la testa dell’iraniano Ali Khamenei e del suo nucleare “civile”, dopo la minaccia degli Usa.

Il Nord della Striscia distrutto

Il Nord della Striscia distrutto - ANSA

E la linea immaginaria tracciata per capire il perché della nuova recrudescenza della guerra di Gaza arriva al settimo puntino del Great game: è la telefonata in programma oggi pomeriggio fra Donald Trump e Vladimir Putin. Tregua in Ucraina, riconoscimento della Crimea come cosa russa, niente truppe Nato e soprattutto niente ingresso nell'Alleanza Atlantica per Volodymyr Zelensky: questo sono i punti essenziali della telefonata che intercorrerà tra la sala degli stucchi del Cremlino e l’Oval Office di Washington. Il resto in discussione tra i due leader nasce dal percorso che il gioco di “unisci i puntini” ha disegnato: il nuovo ordine mondiale dettato dalle regole del cinismo di Putin e del pragmatismo di Trump su tutto e su tutti, sull’Europa senz'altro e per certi versi sulla Cina, in una sorta di delirio di onnipotenza di alleanze e interessi che non guarda in faccia a nessuno. Nemmeno agli oltre 3.000 israeliani morti nella guerra, i quasi 50mila palestinesi, alle centinaia di migliaia di soldati russi e ucraini sacrificato come pedine in tre anni e un mese di una guerra il cui esito era chiaro fin dalla fine dell’avanzata verso Kiev dei carri armati russi: lo stallo.

Non si può fingere di non vedere che il nucleare iraniano, come la bomba, sono ineluttabili e fermarli con i caccia scatenerebbe un disastro. Che il nuovo Medio Oriente sarà come quello uscito dalla Seconda Guerra mondiale. Che tutte le guerre hanno illuso chi le ha combattute di potere modificare l'ordine mediorientale. Intanto i terroristi di Hamas ballano la loro Danza macabra sulle teste di donne e bambini che dormono tra le macerie del nord della Striscia di Gaza, dove sono ritornati e da dove dovranno andarsene di nuovo. La leadership politica israeliana, intanto, persegue il più che legittimo scopo di difendere il Paese, andando però ben oltre, e ignorando le marce di protesta della popolazione, i raduni perenni nel cuore di Tel Aviv.

La pace da oggi, con i nuovi bombardamenti su Gaza, è più lontana.

E l’ottavo piccolo puntino di quella che in maniera sublime papa Francesco ha descritto come una "Guerra mondiale a pezzi" non trova posto.

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