Andamento rapido per il divorzio breve, andamento lentissimo per la famiglia lunga, quella che nonostante tutto resiste, impoverita e dimenticata. Tra i tanti peana, non mancano le voci critiche che fanno notare la contraddizione. Il giorno dopo del divorzio breve vede il senatore Maurizio Sacconi (Area popolare) sottolineare «l’apparente paradosso per cui da un lato si vuole banalizzare l’istituto del matrimonio semplificando il divorzio e dall’altro lo si apprezza al punto di volerlo estendere alle unioni omosessuali».Voci critiche anche nel Pd. A proposito del ddl sulle unioni civili Beppe Fioroni, leader dei popolari, dichiara la propria «indisponibilità a una famiglia alternativa che non rispetti la specificità di quella definita dalla Carta Costituzionale», pur dicendosi favorevole a dare evidenza pubblica alle coppie di fatto conviventi. Quanto al divorzio breve, Fioroni si augura che «la stessa attenzione posta nel velocizzare lo scioglimento del matrimonio venga posta anche nel porre al centro delle politiche sociali, economiche e di sviluppo la famiglia. Non come titolo di coda, ma con fatti e risorse idonee».Proprio sul fronte delle risorse la famiglia, invece, sembra scomparire. Commentando il documento di Programmazione economico-finanziaria, Paola Binetti (Area popolare) sottolinea come la famiglia vi sia «poco rappresentata. Si trovano altre cose, tutte importanti, ma non sul fronte delle politiche familiari e sociali». Paola Binetti chiede quindi al governo di «promuovere politiche capaci di incentivare una efficace conciliazione dei tempi di lavoro con l’esercizio delle responsabilità genitoriali e con l’assistenza alle persone non autosufficienti; di promuovere l’incremento delle strutture socio-educative per l’infanzia, attraverso scuole capaci di farsi carico dei bambini dalla nascita ai sei anni di età, come previsto dal collegato sulla Buona scuola; di sostenere programmi per l’assistenza alle persone anziane non autosufficienti, di valutare in che modo potenziare le politiche contro la povertà, andando oltre l’attuale social card».Di tono analogo sono le considerazioni di Giuseppe Butturini, che con la moglie Raffaella presiede l’Associazione nazionale famiglie numerose. «Se non si riconosce che il divorzio è un fallimento e si dimentica che nel fallimento del matrimonio si nasconde un possibile fallimento della società – afferma Butturini – non si arriva da nessuna parte». Anche le famiglie numerose sottolineano la sostanziale dimenticanza in cui è lasciata la famiglia: «Se le istituzioni mettessero metà dell’impegno a sostegno della famiglia rispetto a quello che mettono per prendere atto che una famiglia è finita sarebbe già qualcosa. La famiglia purtroppo è lasciata al privato, mentre invece è il fondamento della società».Una proposta concreta viene da Sacconi: «Uno scatto d’orgoglio pubblico, ad esempio una mobilitazione nazionale sul modello del family day. Laica e cristiana».