Fulvio De Nigris (secondo da destra) in una foto di gruppo alla Casa dei Risvegli durante una visita della ministra delle Disabilità Alessandra Locatelli (quarta da destra)
Il tema del fine vita e del suicidio assistito coinvolge tutti. In particolar modo chi, come noi, si occupa di percorsi di cura, di vite fragili , spesso in condizioni di gravissima disabilità.
Il coinvolgimento dell’associazionismo e in generale degli enti del terzo settore nei percorsi del Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) ha fatto sì che la voce di chi vive dalla parte delle famiglie e del caregiver si trasformasse da una voce di supporto a una componente istituzionalizzata del percorso. E il percorso di vita, specialmente laddove i disordini della coscienza permettono in parte o non più una chiara autodeterminazione di sé, diventa un territorio da presidiare proprio per evitare forzature che possano prevaricare i bisogni di queste vite differenti.
Qui non stiamo parlando di accanimento terapeutico ma della condizione di persone che, pur in situazioni di estrema disabilità, respirano autonomamente, hanno una vita di relazione con i propri cari (che li amano e desiderano occuparsene) supportati dalla rete del percorso “coma to community” che deve essere attivata in ogni area geografica di riferimento. Noi portiamo l’esperienza territoriale di Bologna e della Regione Emilia Romagna dove questi percorsi sono stati strutturati da tempo e che fanno riferimento all’esperienza della Casa dei Risvegli Luca De Nigris struttura pubblica di assistenza e ricerca rivolta a persone con esiti da Gca (Gravi cerebrolesioni acquisite), che festeggia quest’anno il ventennale, ma l’orientamento riguarda tutto il territorio nazionale.
Su questi percorsi di cura si parla ancora poco. I temi del diritto di cura, del “durante vita” troppo spesso soccombono all’esigenza della libertà di scelta che, nel dovuto rispetto per la morte e il morire bene, spazza via ogni considerazione sui diritti di queste persone fragili.
Diritti che vanno rispettati specialmente quando, ad esempio, mancando la nomina di un amministratore di sostegno, vanno fatte rispettare operazioni non ritenute salvavita (come la Peg - Gastrostomia endoscopica percutanea) inserendole tra quei trattamenti sanitari che il medico deve adottare ricorrendo lo stato di necessità a garantire la salute del paziente.
Il tema è sempre quello di combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani, come espresso nella Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità, diventata legge dello Stato ma ancora largamente inattuata. Con un’attenzione particolare ai percorsi di cura, dalle strutture riabilitative fino al domicilio, dove si combatte la sfida più importante e dove le famiglie devono continuare a essere sostenute.
Per usare uno slogan fatto proprio dalla Società italiana di Cure palliative, “C’è tanto da fare anche quando non c’è più niente da fare”. Perché rimane sempre un po’ di mistero nella la vita. E bisogna averne rispetto.
* Direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma – Gli amici di Luca nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris