Don Maurizio Patriciello con due bambini della sua parrocchia di Caivano
Maggio 2020, siamo in piena pandemia. Invitato a partecipare a una trasmissione televisiva, mi reco alla sede Rai di Napoli. Ho il permesso di viaggiare. Per la strada realizzo di essere terribilmente solo. Tutt’intorno il vuoto, il silenzio, il deserto. Come un bambino in preda al panico, piango. Procedo lentamente, guardo i palazzi muti, incolori, inespressivi. Ho paura per i miei cari, per l’Italia, per l’umanità. Penso alle stupide e feroci lotte fratricide per essere più ricchi, agli inutili e costosissimi orologi d’oro, ai conti in banca e le pellicce ad ammuffire negli armadi. In questo scenario desolante, tutto mi appare insignificante. Penso agli esseri umani. A te, a me, alla mia mamma, al tuo figliolo; al nostro vicino di casa, ai colleghi di lavoro, ai miei amici aggrediti dal Covid. Penso all’essere umano. Quando il sole si spegnerà - perché un giorno si spegnerà - le stelle nemmeno se ne accorgeranno.
Il nostro peggior nemico, contro cui non dobbiamo mai stancarci di lottare, è l’abitudine. Quello stato d’animo, cioè, che riesce a non farci meravigliare più di niente. E tutto colora di grigio, tutto fa apparire vecchio, scontato. Proviamo a pensare se, per un qualsiasi motivo, per i prossimi decenni, non dovesse nascere più un solo bambino. Che accadrebbe? Quando l’umanità andrebbe assottigliandosi, le case rimarrebbero disabitate, le industrie chiuderebbero i battenti; quando trovare un idraulico, un pizzaiolo, un dentista, un panettiere, un netturbino sarebbe un’impresa colossale; quando non ci sarebbe più un bambino da accarezzare, una badante ad accudirci, di certo cadremmo nello sconforto più totale. Fantasia? Non ci farebbe male esercitare un po’ di fantasia. E, in fondo, non ci vuole molto.
Basta fermarci, ovunque ci troviamo, pensare a noi stessi, al nostro futuro, alle persone che amiamo e dalle quali non sappiamo fare a meno. Basta riflettere sulla nostra vita e la vita di chi, come noi, ama e si aggrappa alla vita. Basterebbe poco per farci inorridire di fronte allo scempio che l’uomo fa di tanti esseri umani innocenti e indifesi.
Ho celebrato la Messa di Natale alla facoltà di scienze infermieristiche di Napoli, nell’ospedale dove anch’io ho studiato per svolgere quella professione benedetta. Ho incontrato tanti giovani pieni di entusiasmo e di buona volontà. «C’è un solo modo per svolgere al meglio la nostra professione. Ed è tanto facile trovarlo. Accudite e curate sempre l’ammalato come se fosse la persona che amate di più nella vita...», ho detto loro. Facile. Se chi, al caldo della sua dimora, protetto dal proprio esercito, sta pensando alle bombe da lanciare sul nemico questa sera - il nemico? Chi è il nemico? Perché è diventato mio nemico? - provasse a immaginare che quei disumani ordigni andrebbero a dilaniargli i figli, i genitori e la donna che ama, ci penserebbe su duecentomila volte prima di dare il diabolico ordine. «Non fare all’altro ciò che non vorresti fosse fatto a te».
Non è solo un comando divino cui obbedire, ma la più elementare forma della ragione umana. Non fargli male, potresti avere bisogno di lui e non lo troverai; non fargli male, perché poi farà del male a te; non fargli male perché, pur ridotta al minimo, c’è in te una vocina che, quando meno te lo aspetti, si farà sentire. Non credere che il volto di quei bambini straziati cadranno in oblio. Non succederà. Non è mai successo. Quelle faccine pallide e terrorizzate diverranno, durante le tue notti insonni, un incubo al quale non potrai sfuggire. E ti tormenteranno. Si confonderanno col volto del tuo nipotino, quando, davanti al caminetto acceso, ti si accoccola tra le braccia per essere accarezzato. E ti porrà domande alle quali non potrai rispondere se non facendo ricorso alla menzogna. Ma, soprattutto, si ripresenteranno con le loro faccine spente nelle ore solenni che precedono il tuo trapasso. Per la mia professione prima e la mia vocazione dopo, ho avuto modo di assistere centinaia di persone che si appressavano a lasciare questo mondo. Non ho visto mai nessuno, dico nessuno, soddisfatto per il male fatto. Gli ultimi pensieri delle donne che avevano ceduto alla tentazione di abortire è stato per quel figlio che non fecero nascere.
Ricordo quando, in carcere, incontrai Vincenzo, un assassino, ormai anziano. Quante lacrime. Quanti rimpianti. Quanti rimorsi. Che desiderio di poter ritornare indietro. « Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore», implora il salmista. Preghiera che recito anch’io, ogni giorno, a tutte le ore del giorno. Per non illudermi - inutilmente, pericolosamente - e rischiare di aver camminato invano. Dopo tante esperienze vissute, tante confessioni rese, tanti libri letti, osservazioni e studi fatti, dovremmo aver imparato a non cadere nella menzogna che la felicità, che tutti cerchiamo, abiti nell’esercitare più potere, possedere più vestiti da indossare, più case da abitare, più ori da sfoggiare. O nel moltiplicare a dismisura i piaceri che, per loro natura, hanno vita breve e che, se vissuti male, potrebbero trasformarsi nel loro esatto contrario. Pensiamo ai piaceri della buona tavola, a quelli dell’alcol, delle droghe, o ai piaceri sessuali. L’uomo è una meraviglia che per essere goduta appieno deve sapersi stupire e dei suoi simili. Ho visto Napoli deserta: era orribile. L’ho rivista nei giorni di Natale, piena di vita e di schiamazzi: era uno spettacolo. Solo l’uomo rende felice l’uomo. Lavora, impegnati, soffri per la vita e troverai la vita.
Fatti compagno del tuo prossimo e non rimarrai mai solo. Coccola, dona gioia ai bambini più poveri e umiliati e sarai a tua volta accudito e coccolato. No, non sono, e non saranno mai, le cose e il potere a riempirci il cuore, ma l’amore. «Dio è amore», afferma san Giovanni. Il che vuol dire che solo amando avremo fatto centro. Viceversa, tutto ciò che va contro l’amore: la diffidenza, l’indifferenza, la violenza, il rancore, l’odio, la sopraffazione, la prepotenza, l’invidia, la gelosia, ci scaraventa lontani da Dio, e quindi da noi stessi e dalla verità della nostra breve permanenza in questo mondo. Questa nostra vita è unica, stupenda, irripetibile, preziosa allo stesso modo di quella dei bambini che scalciano nel grembo delle mamme; come quella dei bambini dilaniati dalle bombe di queste stupide, ottuse e disastrose guerre cui, inorriditi, siamo costretti ad assistere in questi mesi.