Il simbolo della Giornata mondiale
Il 29 febbraio è un “giorno raro” per eccellenza (c’è solo ogni 4 anni): la data ideale quest’anno per festeggiare la Giornata mondiale delle “malattie rare” (che si celebra il 28 negli anni non bisestili).
Cosa significa esattamente questo termine? Si indicano come “rare” quelle malattie che coinvolgono un numero ristretto di persone: meno di un caso ogni duemila individui. Si stima che le persone con malattie rare nel mondo siano più di 300 milioni: oltre 2 milioni solo in Italia.
Sono condizioni assai diverse tra loro, ma molto numerose come singole patologie. L’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che esistono oltre 8mila malattie rare conosciute e diagnosticate. Esse rappresentano un grave problema di sanità pubblica, perché l’essere poco frequenti comporta importanti difficoltà per la loro diagnosi e gravi oneri economici per il loro trattamento. Sovente si arriva a riconoscere queste condizioni patologiche – nella maggior parte dei casi di origine genetica – solo dopo lungo tempo, e quasi sempre grazie a un coordinato approccio multidisciplinare.
La quasi totalità di questi pazienti (più del 70 per cento sono bambini) non ha a disposizione trattamenti farmacologici mirati in grado di risolvere la patologia da cui sono affetti, con la quale quindi devono convivere e che si trasforma così in una malattia cronica debilitante e gravemente disabilitante. Per tali ragioni questa condizione si ripercuote sull’intero nucleo familiare, condizionando in modo importante la qualità della vita, l’impegno economico e le relazioni sociali dei genitori e dei fratelli sani.
Le malattie rare sono quindi condizioni patologiche che richiedono una particolare attenzione di cura: da parte degli operatori sanitari, che devono saper integrare le conoscenze scientifiche con una profonda umanità e una grande solidarietà; da parte dei familiari, che devono avere una grande disponibilità per impegnarsi a prendersi carico di queste esistenze fragili e delicate.
Di fronte allo smarrimento e all’apparente isolamento che le famiglie e le stesse persone affette da malattie rare possono provare, un grande aiuto arriva dalle associazioni dei pazienti portatori di patologie rare, che spesso rappresentano un punto di riferimento importante per fornire un fondamentale sostegno e per indicare la strategia migliore per la gestione di tali condizioni.
In ambito medico è prioritaria la ricerca scientifica dedicata a queste malattie per una loro sempre maggiore comprensione, onde poterle diagnosticare più facilmente e trattarle in modo efficace e risolutivo attraverso l’impiego di farmaci individualizzati e di terapie genetiche ove possibile.
Aumentare la sensibilizzazione sull’esistenza di queste condizioni patologiche e sostenere l’integrazione sociale di questi malati sono quest’anno gli scopi della Giornata mondiale, giunta alla diciassettesima edizione. Essa rappresenta l’occasione per richiamare l’attenzione della politica su questo problema perché metta a disposizione risorse economiche adeguate per l’accesso a terapie speciali e per realizzare interventi sanitari mirati in grado di assicurare l’adeguata gestione di questi malati, soprattutto in chiave preventiva per evitare le cause epigenetiche (cioè le cattive influenze ambientali che possono incidere modificando il patrimonio genetico che viene poi trasmesso per via ereditaria) all’origine di alcune di queste patologie. In Italia la completa attuazione del Piano nazionale Malattie rare 2023-2026 sarebbe già un grande risultato.
La Giornata diventa inoltre un momento di sensibilizzazione per i professionisti della salute (medici, ricercatori e operatori sanitari tutti) affinché aumenti la loro conoscenza riguardo a queste patologie e vi sia una maggiore attenzione medico-assistenziale nella cura di chi ne è affetto, in modo da arrivare alla creazione di centri di eccellenza riservati alla diagnosi e alla cura di queste condizioni. Infine è un invito pressante al mondo farmaceutico: un richiamo alle grandi industrie perché incrementino il loro impegno economico per la ricerca e lo sviluppo di quei “farmaci orfani” senza i quali anche le forme trattabili non potrebbero giovarsi di tali rimedi; una sollecitazione alle istituzioni pubbliche e private perché si promuova la nascita di un’imprenditoria no profit per lo studio e la produzione di questi farmaci per le malattie rare.
Nel nostro Paese lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze potrebbe essere una di queste particolari istituzioni che fornirebbe così l’esempio perché altre aziende simili vengano realizzate. Per tutti un grande impegno sociale, oltre che sanitario, a cui non è etico sottrarsi.