giovedì 5 novembre 2015
​È fatto di 12 pannelli geometrici in pelle sintetica saldati a caldo. Per quando piove o c'è nebbia
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Arriva l’inverno e si sa, di luce ce n’è meno. Ombra, nebbiolina e pioggia. Anche sui campi di calcio. Così il pallone in Serie A cambia. Ha un nome complicato, Ordem 3 Hi-Vis, ed è fatto di 12 pannelli geometrici in pelle sintetica saldati a caldo. Importante il colore, un bel giallo fluorescente che si vede bene in campo e anche in televisione. Il pallone è aerodinamico, se piove non s’inzuppa ed è sensibile al minimo tocco. Una fuoriserie dei palloni, insomma. Ben poco in comune con il suo trisavolo, nato con il gioco del calcio, in Inghilterra, nel remoto 1863: un sfera imperfetta di cuoio marrone, non proprio tonda, dai rimbalzi spesso irregolari, che quando s’inzuppava d’acqua diventava un macigno. Soltanto nel 1970 arrivò il Telstar, sempre di cuoio, 32 pentagoni bianchi e neri. Il cuoio tramonta nel 1986 ai Mondiali del Messico quando arriva Azteca, il primo pallone in materiale sintetico idrorepellente. L’evoluzione continua fino a oggi.A chi piace la storia del pallone, e non ha paura di qualche parola ricercata e difficilina, suggeriamo di leggere questa pagina del grande giornalista sportivo, e romanziere, Gianni Brera.
L’oggetto era quasi sferico, di rozzo cuoio a pezze rettangolari cucite all’interno; una sorta di bocca stringata con una correggia di pelle vi faceva incongruo e minaccioso bernoccolo. Sotto la stringa s’indovinava un budellino di gomma telata, che era legato con uno spaghetto di canapa e ripiegato in modo che non me potesse fuoriuscire l’aria. Esso sporgeva da un foro centrale di una pezza ellittica di cuoio più morbido, che proteggeva la vescica. Fra la pezza di protezione e la sfera vera e propria veniva allora il budellino, protetto dalla correggia intrecciata e rimandata più volte dall’ultimo foro al primo, così che non avesse a smollarsi durante il gioco.La vescica veniva gonfiata con una normale pompa da bicicletta. La valvola si avvitava alla pompa e bastavano poche pulsate perché la vescica gonfiasse fino a rendere tesa e sonora la guaina, sulla quale si batteva l’unghia del medio come sulle angurie per stabilirne il grado di maturazione. Quando la guaina era gonfia, si annodava il budello e si ficcava sotto uno dei labbri rinforzati della bocca. La stringatura veniva compiuta con un ago nel quale s’infilava l’estremità della correggia. L’ago – in dialetto “guggia” – si poteva anche improvvisare con del filo di ferro, che qualche volta tradiva ficcandosi malignamente nella vescica e provocandone lo scoppio.L’oggetto quasi sferico veniva chiamato fòlber o fùlbar secondo pronuncia bassaiola o briantea. Era la deformazione dell’inglese football, o palla per i piedi. In italiano si usava chiamarlo pallone, in dialetto “balòn”.Dalla Storia critica del calcio italiano, Baldini e Castoldi 1998.
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