L'Etna imbiancato dalla neve - Fotogramma
Per un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) l’Etna è un laboratorio perfetto per capire come funzionano i vulcani su Venere. Il secondo pianeta del Sistema Solare è caratterizzato da migliaia di vulcani, di cui però sappiamo poco. Organizzare una missione per osservarli di persona è impossibile; al massimo si possono usare dati e fotografie scattate dai satelliti che negli anni hanno orbitato intorno al pianeta. Fortunatamente gli scienziati si sono accorti che alcuni vulcani terrestri sono simili a quelli venusiani. L’Etna, per esempio, può essere utile per approfondire Idunn Mons, un vulcano che probabilmente erutta ancora su Venere. Entrambi sono posizionati sopra a canyon, chiamati “rift”, e presentano forme coniche sulle loro pendici. Per ora gli scienziati confronteranno pezzi di lava terrestre con le foto delle eruzioni su Venere; ma in futuro l’Etna potrebbe tornare utile come campo di addestramento per i lander che atterreranno su Venere con lo scopo di estrarre e portarci reperti di lava venusiana.
Un'eruzione dell'Etna - Foto di archivio
Ma come si studia un vulcano spaziale restando sulla Terra? Lo spiega Piero D’Incecco, che all’Inaf si occupa di geologia planetaria e delle missioni che riguardano Venere. «Il metodo del confronto tra pianeti – ci dice – è molto utile per capire come sono composti oggetti che non stanno sulla Terra. Nel caso dei vulcani di Venere, per esempio, prenderemo campioni di lava sull’Etna e li analizzeremo in laboratorio; poi – visto che non abbiamo tra le mani pezzi di eruzioni provenienti da Venere – li confronteremo con le fotografie di altissima qualità che satelliti e sonde hanno fatto del suolo e dei vulcani venusiani.
E cosa pensate di capire?
Se i pezzi di lava fresca dell’Etna sono simili alle foto spaziali avremo il forte sospetto che i vulcani su Venere sono attivi. Già abbiamo notato che sulle pendici sia dell’Etna sia di Idunn Mons ci sono dei piccoli coni di materiale che si formano solo in caso di eruzioni esplosive. Dobbiamo verificare ma sarebbe una novità: finora pensavamo che i vulcani di Venere eruttassero solo in modo effusivo, ovvero con lava fluida e mai con esplosioni.
Perché studiare Venere è interessante?
Se non metteremo un freno al riscaldamento globale, le condizioni infernali di Venere potrebbero diventare quelle della Terra del futuro. Studiare Venere ci permette anche di capire meglio il funzionamento e lo sviluppo dei pianeti simili alla Terra che stanno in altri sistemi solari e che stiamo scoprendo grazie ai telescopi spaziali.
Il pianeta
Venere è il secondo pianeta per distanza dal Sole e assomiglia alla Terra per dimensione, forza di gravità e rocce di cui è composto. Come il nostro pianeta è circondato da un'atmosfera, per lo più fatta di anidride carbonica, che ricopre il pianeta come una pesante coperta. Per questo su Venere le temperature toccano i 475 gradi e c’è una pressione simile a quella che sentiremmo un chilometro sott’acqua; in più ci sono piogge di acido solforico che impediscono qualsiasi forma di vita e rendono il pianeta simile a un deserto infernale.
Il vulcano
L’Etna è uno dei vulcani più attivi e monitorati al mondo. Dal XIX secolo a oggi su di lui si sono accumulate mappe e analisi; inoltre, sul vulcano siciliano è sempre attivo un osservatorio dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che facilita il lavoro agli scienziati. Studiare l’Etna però non basta a capire Idunn Mons e quest’anno i ricercatori dell’Inaf preleveranno campioni di lava anche dal Kilauea, sulle isole Hawaii, e sul Monte Merapi, in Indonesia: vulcani che eruttano in modi diversi e che tutti insieme possono aiutare a capire meglio quelli di Venere.