Questa storia gli frullava in testa da tempo, da quando due anni fa Gabriele Nanni aveva letto della morte di Sergei Belov, un grande della pallacanestro dei tempi dell’Unione Sovietica. Era un altro big del basket italiano Dino Meneghin a ricordarlo e a raccontare sulla Gazzetta dello Sport che negli anni Settanta-Ottanta quando si incontravano per le partite, gli occidentali scambiavano caviale o vodka con scarpe da basket. I sovietici non avevano soldi, le lire o i dollari per loro erano preziosi. Quegli scambi davano loro una mano. «Quella mi è sembrata una bella storia su cui lavorare un po’ con i ricordi e un po’ di fantasia”. Dentro Il numero 5 Gabriele Nanni ci ha messo parecchio della propria storia di ragazzo nato e cresciuto a Rimini, nel quartiere di San Giuliano Mare che tutti chiamano “La Barafonda”, proprio come il Micky del romanzo. «Sono nato nel 1977 e nell’anno di cui racconto avevo solo sei anni ma anch’io da ragazzo ho giocato a pallacanestro nella squadra giovanile di Rimini - racconta a Popotus - quando le nostre erano le migliori giovanili d’Italia. Ho avuto realmente due compagni di squadra che si chiamavano Menghi e Rigo. Ma solo i nomi sono veri, il resto non corrisponde. Rigo è il più scarso in campo, Alex Righetti invece con gli azzurri ha vinto addirittura l’argento alle Olimpiadi di Atene del 2004. Ho attinto a tanto della mia vita di ragazzo e di Rimini ma la fantasia ha fatto il resto ed è stata una bella sfida». Soprattutto una lotta contro il tempo. «Ho scoperto il bando del premio del Battello a Vapore una settimana prima della scadenza - conclude - proprio quella in cui si sposavano due miei amici e il mio computer aveva la ventola rotta. Ogni mezz’ora dovevo farlo raffreddare… Ce l’ho fatta consegnando nell’ultimo giorno utile solo perché quella storia ce l’avevo tutta in testa». Poi è arrivato il premio.