martedì 10 novembre 2015
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​In questi giorni in Italia, Thórarinn Leifsson racconta che nel suo romanzo La folle biblioteca di nonna Huld sono racchiuse molte delle paure che il suo Paese ha vissuto nel passato recente. Leifsson_bis.jpg«Dal 2008 l’Islanda ha affrontato una crisi economica di enormi proporzioni con il fallimento delle grandi banche che avevano azzardato investimenti spericolati. Una crisi senza precedenti, la nostra moneta, la corona islandese, fu svalutata e il paese sprofondò nella recessione più nera. Tutti gli artisti islandesi che erano all’estero, me compreso, furono costretti a tornare a casa. Avevamo le tasche vuote e perso tutto, non potevamo più mantenerci. Questo racconto, scritto in quel periodo di grande trauma e di sconvolgimenti nel Paese, contiene molti elementi, naturalmente esagerati, di quei tempi difficili. I cittadini si mobilitarono. Mia figlia, che allora aveva sedici anni, era insieme a tanti giovani in prima fila nelle proteste di piazza». Un momento in cui era difficile vedere una via d’uscita? Quello fu un momento terribile, di choc e di grande rabbia, perché molti si erano indebitati con le banche. Era come se un enorme pallone fosse esploso improvvisamente. Ma devo dire che fu anche un momento di grande ottimismo perché, dopo gli anni in cui si è toccato il fondo, il Paese si è ripreso. Anche grazie al contributo degli artisti e dei giovani talenti che ritornati in patria hanno offerto spinte creative alla società e all’economia e dato vita a nuovi lavori.Nel romanzo libri e bambini salvano il mondo. Ci crede davvero?I bambini rappresentano il futuro del mondo, se si insegna loro a riflettere liberamente sulla realtà possono farcela. I libri racchiudono il pensiero critico e sviluppano l’immaginazione. Tutti i dittatori li bruciano, ne hanno paura. L’hanno sempre fatto, perché temono la circolazione delle idee e le persone che ragionano con la propria testa.Quali altri elementi l’hanno ispirata?L’architettura moderna di Copenaghen, gli edifici con grandi finestroni e le case in cui le persone sono come in vetrina mi hanno colpito e ispirato. Difatti Albertina  viene obbligata a giocare a palla davanti alla grande finestra come una pubblicità vivente del condominio Gabbia Dorata. Le persone non dovrebbero barattare la propria vita per nessuna ragione al mondo. Ma non è tutto. Lì c’è il ritratto della mia famiglia, Albertina assomiglia un po’ a mia figlia e un po’ a mia moglie, entrambe donne con una personalità spiccata. E mio figlio, che a quattro anni guarda ancora le figure è convinto che nonna Huld sia sua nonna. E poi quella biblioteca ha molto di familiare. Forse ci sono anch’io…

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