sabato 17 ottobre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI

​Come spesso succede agli scrittori l’ispirazione di questo romanzo è arrivata per caso. Dieci anni dopo Giovanni Falcone, la mafia e la legalità di Per questo mi chiamo Giovanni (leggi la recensione), Luigi Garlando - che vedete nella foto, autore di fortunati libri per ragazzi e giornalista della Gazzetta dello Sport - si è imbattuto in una lettera che lo ha profondamente colpito. Una sorta di testamento spirituale che Che Guevara aveva indirizzato ai propri figli.

Era stato in Congo e presto si sarebbe spostato in Bolivia al fianco dei guerriglieri che combattevano la dittatura di Barrientos. Era il 1965 e due anni dopo sarebbe stato ucciso. “Nel più profondo di voi stessi siate capaci di sentire ogni ingiustizia commessa contro chiunque - scriveva il Che - in qualunque parte del mondo. È la più bella qualità di un rivoluzionario. Vostro padre - aggiungeva - è stato un uomo che ha agito secondo il suo pensiero, e che è stato sicuramente fedele alle sue convinzioni”. Parole piene di passione civile e di impegno che sono arrivate come una scossa al cuore di Garlando. Il suo ultimo romanzo, L’estate in cui conobbi il Che, è nato da qui.  Un incontro decisivo per l’idea che aveva in testa?Ho subito capito che era proprio il Che il personaggio da raccontare ai ragazzi che stavo cercando. Sapevo che per loro era un perfetto sconosciuto, un tipo con la faccia barbuta e il basco calato in testa che al massimo avevano visto sulle magliette. Ma non mi interessava fare un libro storico, una biografia, né raccontare le luci e le ombre del combattente. Se i ragazzi vorranno saperne di più saranno loro stessi ad approfondire. Che cosa l’aveva colpito? La sensibilità dell’uomo, la compassione per il prossimo e la sua capacità di farsi carico della sofferenza altrui. In un momento di grandi povertà e grandi egoismi, di individualismo e di disinteresse verso chi ha bisogno di aiuto mi sembrava un messaggio alternativo da proporre ai giovani. Importante almeno quanto dieci anni fa mi sembrava essenziale parlare attraverso Falcone di legalità e giustizia. Ci ho pensato parecchio ma poi ho deciso che questo doveva essere un libro altrettanto appassionato.Nel romanzo parlando del Che nonno e nipote discutono di solidarietà, di giustizia e di indignazione. Di scelte controcorrente anche oggi.Non volevo ambientare la storia in tempi e luoghi lontani. Ho scelto l’estate 2014 dei Mondiali del Brasile e la ex ricca Brianza percorsa da una crisi economica che ha creato nuove povertà e sofferenze. Una cornice di fantasia che dà un senso alla modernità del Che e alla necessità di uno sguardo generoso sul prossimo. Anche in questo romanzo sullo sfondo c’è lo sport. Il Mondiale imprevedibile e pieno di sorprese. Quello della batosta italiana e del Brasile umiliato da sette gol della Germania. Lo sport non è solo il mio lavoro e la mia passione. Lo considero un luogo educativo, importante nella crescita dei ragazzi, dove si sperimentano regole, rispetto, impegno, fatica e anche sconfitte. Una palestra per imparare a mettersi in gioco anche nella vita. In fondo è quello che hanno fatto in modo diverso sia Falcone che il Che, entrambi sconfitti solo apparentemente. Entrambi con la pelle dura ma pieni di tenerezza, coraggio e generosità.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: