lunedì 3 maggio 2021
Al Regina Coeli della quinta Domenica di Pasqua, Francesco sottolinea l’importanza di rimanere nel Signore per testimoniare il Suo amore, in particolare verso i più poveri e sofferenti
Il Papa: pregare affinché nel Myanmar ci sia la pace

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

“Rimanere”: Gesù ripete questo verbo ben sette volte nel Vangelo di oggi (Gv 15, 1-8), in cui si presenta come la vera vite e parla dei tralci uniti a Lui, sorgente della loro esistenza. “Rimanete in me e io in voi”, dice il Signore e il Papa lo ricorda, nella catechesi che precede il Regina Coeli, recitato dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico.

In Piazza San Pietro, i fedeli ascoltano Francesco che sottolinea: il rimanere in Gesù “non è un rimanere passivo, un ‘addormentarsi’ nel Signore, lasciandosi cullare dalla vita”, bensì è “un rimanere attivo e anche reciproco”. Perché i tralci senza la vite non possono fare nulla, hanno bisogno della linfa per crescere e per dare frutto; ma anche la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non spuntano sul tronco dell’albero. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dare frutto. Noi rimaniamo in Gesù e Gesù rimane in noi.

L’osservanza dei comandamenti o le opere di misericordia – continua il Papa – vengono dopo; prima di tutto è necessario essere uniti al Signore, rimanere in Lui. Non possiamo essere buoni cristiani se non rimaniamo in Gesù.

E invece con Lui possiamo tutto.



“Anche Gesù, come la vite con i tralci, ha bisogno di noi”

, sottolinea Francesco, soffermandosi su un concetto che "sembra audace” e che invece si spiega con il bisogno che il Signore ha della nostra testimonianza, quella della vita cristiana.



È compito dei discepoli, è compito nostro, continuare ad annunciare il Vangelo con la parola e con le opere. E i discepoli, noi discepoli di Gesù, lo fanno testimoniando il suo amore: il frutto da portare è l’amore. Attaccati a Cristo, riceviamo i doni dello Spirito Santo, e così possiamo fare del bene al prossimo, fare del bene alla società, alla Chiesa. Dai frutti si riconosce l’albero. Una vita veramente cristiana dà testimonianza a Cristo.



Lo strumento per portare a termine questo compito, ricorda il Pontefice, è la preghiera

, dalla quale dipende “la fecondità della nostra vita”. Pensando, agendo, vedendo il mondo e le cose “con gli occhi di Gesù”, si arriva ad amare il prossimo, soprattutto il più povero e sofferente, portando nel mondo “frutti di bontà, frutti di carità, frutti di pace”. Infine, il Papa invoca l’intercessione della Vergine Maria: Colei che “è rimasta sempre pienamente unita a Gesù e ha portato molto frutto”, possa aiutarci a “testimoniare nel mondo il Signore Risorto”.


Dopo il Regina Coeli

Al termine del Regina Coeli, Francesco ricorda l’iniziativa della Chiesa birmana e esprime la sua vicinanza alla popolazione di Israele per l’incidente sul Monte Meron. Il suo pensiero va anche alla beatificazione del fedele laico, José Gregorio Hernández Cisneros, all’Associazione Meter e al Movimento politico per l’unità. Il Papa rivolge anche i suoi auguri alle Chiese che oggi, secondo il calendario giuliano, celebrano la Pasqua

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: