Papa Francesco presiede la Messa nella cattedrale di Asti - Reuters
Asti accoglie a braccia aperte Francesco, il “suo” Papa, venuto in Piemonte a ritrovare “il sapore” delle sue radici. In migliaia si sono accalcati lungo le vie cittadine che attraversa in papamobile. Ieri la visita privata ai familiari di Portacomaro per i novant’anni della cugina Carla Rabezzana e a quelli di Tigliole. Oggi il momento pubblico con la messa per la Solennità di Cristo Re in Cattedrale. Dopo la famiglia “di sangue” il Pontefice incontra quella “di fede”.
“Da queste terre – è l’inizio dell’omelia - mio padre è partito per emigrare in Argentina; e in queste terre, rese preziose da buoni prodotti del suolo e soprattutto dalla genuina laboriosità della gente, sono venuto a ritrovare il sapore delle radici”. Ma oggi – aggiunge - è ancora una volta il Vangelo a riportarci alle radici della fede”. Radici che si trovano “nell’arido terreno del Calvario, dove il seme di Gesù, morendo, ha fatto germogliare la speranza: piantato nel cuore della terra ci ha aperto la via al Cielo; con la sua morte ci ha dato la vita eterna; attraverso il legno della croce ci ha portato i frutti della salvezza”.
Se Asti accoglie il Papa “a braccia aperte”, Francesco usa questa espressione scandendola più volte in dialetto, “a brasa aduerte”. Lo fa commentando il Vangelo appena proclamato. E’ la domenica in cui la Chiesa festeggia la solennità di Cristo Re. Una regalità che però non è di questo mondo. Gesù, spiega, “non è seduto su un comodo trono, ma appeso ad un patibolo”. Gesù “non punta il dito contro nessuno, ma apre le braccia a tutti”. Così “si manifesta il nostro Re: a braccia aperte, a brasa aduerte”. Gesù è il Re dell’universo perché “ha valicato i confini più remoti dell’umano, è entrato nei buchi neri dell’odio e dell’abbandono per illuminare ogni vita e abbracciare ogni realtà”. Gesù “non osserva la tua vita per un momento e basta, non ti dedica uno sguardo fugace come spesso facciamo noi con Lui, ma rimane lì, a brasa aduerte, a dirti nel silenzio che niente di te gli è estraneo, che vuole abbracciarti, rialzarti e salvarti così come sei, con la tua storia, le tue miserie, i tuoi peccati”. “Fratelli, sorelle, - esorta Francesco - mettiamoci spesso davanti al Crocifisso, e lasciamoci amare, perché quelle brasa aduerte dischiudono anche a noi il paradiso, come al ‘buon ladrone’”.
Francesco denuncia “il contagio letale dell’indifferenza”. Con “l’onda del male” che si propaga cominciando “dal prendere le distanze, dal guardare senza far nulla, dal non curarsi”, e “poi si pensa solo a ciò che interessa e ci si abitua a girarsi dall’altra parte”. Questo “è un rischio anche per la nostra fede, che appassisce se resta una teoria e non diventa pratica, se non c’è coinvolgimento, se non ci si spende in prima persona, se non ci si mette in gioco”. Allora “si diventa cristiani all’acqua di rose, che dicono di credere in Dio e di volere la pace, ma non pregano e non si prendono cura del prossimo”.
Il Papa sottolinea che "un malfattore diventa il primo santo: si fa vicino a Gesù per un istante e il Signore lo tiene con sé per sempre”. Il Vangelo “parla del buon ladrone per noi, per invitarci a vincere il male smettendo di rimanere spettatori”. “Per favore – insiste - questo è peggio di fare il male: l'indifferenza". Con l’invito ad evitare una fede solo formale: "E noi, abbiamo questa fiducia, portiamo a Gesù quello che abbiamo dentro o ci mascheriamo davanti a Dio, magari con un po' di sacralità e di incenso?”. “Per favore – aggiunge a braccio - non fare la spiritualità del trucco, davanti a Dio solo acqua e sapone, senza trucco, con l'anima come è, e da lì viene la salvezza".
Al termine dell’omelia il Papa dice: “Vediamo le crisi di oggi, il calo della fede, la mancanza di partecipazione...”. E quindi domanda: “Che cosa facciamo? Ci limitiamo a fare teorie, a criticare, o ci rimbocchiamo le maniche, prendiamo in mano la vita, passiamo dai “se” delle scuse ai “sì” della preghiera e del servizio?”. E poi: “Tutti pensiamo di sapere che cosa non va nella società, nel mondo, anche nella Chiesa – e sono tante le cose che non vanno nella Chiesa -, ma poi facciamo qualcosa?”. Infine: “Ci sporchiamo le mani come il nostro Dio inchiodato al legno o stiamo con le mani in tasca a guardare? Oggi, mentre Gesù, spogliato sulla croce, toglie ogni velo su Dio e distrugge ogni falsa immagine della sua regalità, guardiamo a Lui, per trovare il coraggio di guardare a noi stessi, di percorrere le vie della confidenza e dell’intercessione, di farci servi per regnare con Lui”.
Nel corso della liturgia c’è anche la benedizione al seminarista Stefano Accornero, eletto al ministero di accolito, tappa in preparazione al sacerdozio. Francesco ne approfitta per invitare a pregare per le vocazioni nella Chiesa di Asti. “Ci vogliono preti giovani”, dice a braccio.
La cattedrale di Asti, la più grande del Piemonte, è piena di fedeli. Ci sono i parenti del Papa che poi saranno a pranzo a lui in episcopio. C’è il sindaco Maurizio Rasero che poco prima, sempre in episcopio, ha consegnato al papa il documento con la cittadinanza onoraria che il Consiglio comunale ha deliberato all’unanimità. “Mi sono sempre sentito astigiano”, è stata la battuta de Pontefice riferita dal primo cittadino.
Il Papa presiede il rito, ma per il dolore al ginocchio non si sposta se non in carrozzella, così la liturgia è guidata dal vescovo Marco Prastaro, e concelebra anche l’emerito Francesco Ravinale.
Monsignor Prastaro alla fine della messe legge un breve saluto di ringraziamento a nome di tutta la comunità astigiana “per questo incontro che abbiamo tanto atteso”. “Quando venne eletto Papa – aggiunge - lei disse di essere stato preso “quasi alla fine del mondo”. Oggi, ci piace pensare che Asti, la terra delle sue radici familiari, possa essere l’inizio del mondo”. “Coraggioso questo vescovo a dire che Asti è l'inizio del mondo”, commenta sorridendo il Papa.
Oggi si celebra anche la Giornata Mondiale della Gioventù a livello diocesano. E nel saluto che introduce la preghiera mariana dell’Angelus rivolge “un pensiero e un abbraccio speciale” ai giovani. “Grazie di essere venuti numerosi oggi!”, dice, ribadendo l’invito a partecipare alla GMG di Lisbona del prossimo anno. “Oggi – esorta - ci vogliono giovani veramente ‘trasgressivi’, non conformisti, che non siano schiavi di un cellulare, ma cambino il mondo come Maria, portando Gesù agli altri, prendendosi cura degli altri, costruendo comunità fraterne con gli altri, realizzando sogni di pace!”.
Il Papa esprime, anche in dialetto, riconoscenza alla diocesi, alla provincia e alla Città di Asti: “A tutti vorrei dire che a la fame propri piasi’ encuntreve! [mi ha fatto piacere incontrarvi]; e augurarvi: ch’a staga bin! [state bene!]”.
Infine il pensiero per la pace nel mondo e in Ucraina in particolare. “Il nostro tempo – dice - sta vivendo una carestia di pace: pensiamo a tanti luoghi del mondo flagellati dalla guerra, in particolare alla martoriata Ucraina. Diamoci da fare e continuiamo a pregare per la pace!”.
Finita la cerimonia in Cattedrale il Papa si è ritirato in episcopio per il pranzo con i partenti. La partenza per Roma è programmata alle 16. Allo stadio comunale, da dove decollerà in elicottero, ci saranno a salutarlo più di mille tra bambini e ragazzi, accompagnati da genitori e insegnanti.