Papa Francesco dopo il pranzo con i poveri all'Aula Nervi il 19 novembre 2017 - Ansa / Osservatore Romano
“Tendi la tua mano al povero”. E’ questo versetto del Siracide il tema conduttore del Messaggio di papa Francesco per la IV Giornata Mondiale dei Poveri che quest’anno verrà celebrata domenica 15 novembre. Parole che sono “come un codice sacro da seguire nella vita”. E che “risuonano oggi con tutta la loro carica di significato per aiutare anche noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza”. Perché l’invito evangelico a “mettersi al servizio degli altri, soprattutto dei più deboli”, non è “un’esortazione facoltativa”, ma “una condizione dell’autenticità della fede che professiamo”.
Nel Messaggio, diffuso oggi nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di Sant'Antonio di Padova, patrono dei poveri, il Pontefice ricorda innanzitutto che “la preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili”. Così “per celebrare un culto che sia gradito al Signore, è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio”. Pertanto “il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà”. Mentre è vero il contrario: “La benedizione del Signore scende su di noi e la preghiera raggiunge il suo scopo quando sono accompagnate dal servizio ai poveri”. Questo vuol dire che “la scelta di dedicare attenzione ai poveri, ai loro tanti e diversi bisogni, non può essere condizionata dal tempo a disposizione o da interessi privati, né da progetti pastorali o sociali disincarnati”. Infatti “non si può soffocare la forza della grazia di Dio per la tendenza narcisistica di mettere sempre sé stessi al primo posto”. Non si tratta quindi “di spendere tante parole”, ma piuttosto “di impegnare concretamente la vita, mossi dalla carità divina”.
Per Papa Francesco “essere di sostegno ai poveri è fondamentale vivere la povertà evangelica in prima persona”. Così “il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità”. Evocando il versetto del Siracide il Pontefice sottolinea che “tendere la mano fa scoprire, prima di tutto a chi lo fa, che dentro di noi esiste la capacità di compiere gesti che danno senso alla vita”. E poi “tendere la mano” è un “segno che richiama immediatamente alla prossimità, alla solidarietà, all’amore”.
Esempi di questo segno si sono moltiplicati in questi mesi segnati dalla pandemia. “Quante mani tese abbiamo potuto vedere!”, scrive papa Francesco. La mano tesa “del medico che si preoccupa di ogni paziente cercando di trovare il rimedio giusto”. La mano tesa “dell’infermiera e dell’infermiere che, ben oltre i loro orari di lavoro, rimangono ad accudire i malati”. La mano tesa “di chi lavora nell’amministrazione e procura i mezzi per salvare quante più vite possibile”. La mano tesa “del farmacista esposto a tante richieste in un rischioso contatto con la gente”. La mano tesa “del sacerdote che benedice con lo strazio nel cuore”. La mano tesa “del volontario che soccorre chi vive per strada e quanti, pur avendo un tetto, non hanno da mangiare”. La mano tesa “di uomini e donne che lavorano per offrire servizi essenziali e sicurezza”. Tutte mani tese che “hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione”.
Per il Pontefice “Tendi la mano al povero” quindi è “un incitamento a farsi carico dei pesi dei più deboli”, che “fa risaltare, per contrasto, l’atteggiamento di quanti tengono le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano”.
“Che differenza rispetto alle mani generose che abbiamo descritto!”, rimarca il Pontefice. E denuncia le mani tese “per sfiorare velocemente la tastiera di un computer e spostare somme di denaro da una parte all’altra del mondo, decretando la ricchezza di ristrette oligarchie e la miseria di moltitudini o il fallimento di intere nazioni”.
Denuncia le mani tese “ad accumulare denaro con la vendita di armi che altre mani, anche di bambini, useranno per seminare morte e povertà”. Denuncia le mani tese “che nell’ombra scambiano dosi di morte per arricchirsi e vivere nel lusso e nella sregolatezza effimera”. E quelle “che sottobanco scambiano favori illegali per un guadagno facile e corrotto”. E poi quelle “che nel perbenismo ipocrita stabiliscono leggi che loro stessi non osservano”.
“Non potremo essere contenti – scrive il Papa - fino a quando queste mani che seminano morte non saranno trasformate in strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero”. In questo tempo di pandemia, insiste Francesco, “le nostre ricchezze spirituali e materiali sono state messe in discussione e abbiamo scoperto di avere paura”. E citando l’enciclica “Laudato si’” ribadisce che proprio questo è un tempo favorevole per “sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo”. Infatti “già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà”. Ma “tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente”.
Per il Papa insomma, “le gravi crisi economiche, finanziarie e politiche non cesseranno fino a quando permetteremo che rimanga in letargo la responsabilità che ognuno deve sentire verso il prossimo ed ogni persona”. Il Pontefice infine ricorda che “il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore”. È questo “lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso”. Questo amore “è condivisione, dedizione e servizio”, ma “comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore”.
Questo fine “appare nel momento in cui il bambino si incontra con il sorriso della mamma e si sente amato per il fatto stesso di esistere”. Così “anche un sorriso che condividiamo con il povero è sorgente di amore e permette di vivere nella gioia”. La “mano tesa”, allora, - è l’esortazione conclusiva di papa Francesco - possa sempre arricchirsi del sorriso di chi non fa pesare la propria presenza e l’aiuto che offre, ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo”.
Il Messaggio, che è firmato “da San Giovanni in Laterano” mentre i tre precedenti lo erano “dal Vaticano”, è stato presentato dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, con una conferenza stampa trasmessa in streaming. Il presule ha sottolineato che le parole del Papa "intendono aiutare la preparazione e realizzazione della prossima Giornata Mondiale ben consapevoli delle restrizioni che le leggi dei vari Paesi impongono". "Sarà nostro compito, pertanto, - ha aggiunto - non far mancare ai sempre più numerosi poveri che incontriamo, i segni quotidiani che accompagnano la nostra azione pastorale, e quelli straordinari che la Giornata Mondiale dei Poveri prevede e da diversi anni ormai realizza".
Rispondendo alle domande dei cronisti monsignor Fisichella ha affrontato anche la questione del vaccino che dovrà combattere il Covid-19. "Una scoperta – ha detto a tale proposito - non può essere fatta solo per portare del bene a pochi: una scoperta della scienza è come tale una conquista dell’umanità e deve essere capace di raggiungere tutti". Altrimenti "sarebbe un’ingiustizia, come dice il Papa, e si andrebbe a scontrare con il tema dell’immagine di Dio" impressa in ogni persona, "che non conosce colore della pelle e quanto è il conto in banca".