Il Papa parla sempre con gioia della sua vocazione - Reuters
Sicuramente fu uno dei giorni più belli della sua vita e non perde occasione per ribadirlo. Il 13 dicembre 1969 papa Francesco, o meglio Jorge Mario Bergoglio è diventato prete. A ordinarlo fu l’allora arcivescovo di Cordoba monsignor Ramon Castellano. Il futuro Pontefice avrebbe compiuto 33 anni quattro giorni dopo. Era il punto di arrivo, in realtà un nuovo inizio, di un cammino avviato con l’ingresso nel seminario diocesano di Villa Devoto a Buenos Aires, seguito nel 1958 dall’entrata nel noviziato della Compagnia di Gesù. Una scelta, quella del sacerdozio, di cui il Papa non si è mai pentito, ma di cui anzi ha sempre parlato con gioia, tanto da dire alla scrittrice argentina Olga Wornat: «Ciò che mi piace di più è essere prete», per questo «preferisco essere chiamato padre». Concetto ribadito il 10 marzo 2023 nell’intervista a Guillermo Marcó del sito Infobae: »Non cambierei l'essere sacerdote con nessun’altra cosa dopo l'esperienza di essere sacerdote. Con dei limiti, degli errori, dei peccati, ma prete». Una vocazione che è ha in sé la chiamata al servizio. «Una volta – ha spiegato Bergoglio sempre a Marcó - un sacerdote mi diceva - lui viveva in un quartiere molto povero, non una baraccopoli ma quasi, e aveva la sua casa parrocchiale accanto alla chiesa - e mi raccontò che quando doveva chiudere la porta, la gente batteva alla finestra. Allora mi diceva: "Voglio chiudere quella finestra perché non ti lasciano in pace". La gente non ti lascia in pace. E d'altra parte, mi diceva che se avessi chiuso la finestra non sarebbe stato tranquillo ma molto peggio. Perché una volta che tu entri nel ritmo del servizio, ti senti male quando ti prendi una fetta di egoismo per te stesso. La vocazione al servizio è un po' così, non puoi immaginare la vita se non sei al servizio».
In questo senso l’esempio viene da Gesù stesso. «Servire - ha spiegato il Papa l’8 febbraio scorso parlando al convegno sulla formazione permanente dei sacerdoti promosso dal Dicastero per il clero - è il distintivo dei ministri di Cristo. Ce lo ha mostrato il Maestro, in tutta la sua vita e, in particolare, durante l’Ultima Cena quando ha lavato i piedi dei discepoli. Nell’ottica del servizio, la formazione non è un’operazione estrinseca, la trasmissione di un insegnamento, ma diventa l’arte di mettere l’altro al centro, facendo emergere la sua bellezza, il bene che è che porta dentro, mettendo in luce i suoi doni e anche le sue ombre, le sue ferite e i suoi desideri. E così formare i sacerdoti significa servirli, servire la loro vita, incoraggiare il loro percorso, aiutarli nel discernimento, accompagnarli nelle difficoltà e sostenerli nelle sfide pastorali».
Il Papa durante la Messa del 12 dicembre per la Madonna di Guadalupe - Ansa
Tanti gli interventi che papa Francesco dal giorno della salita al soglio di Pietro ha dedicato ai presbiteri. Basterebbe per avere un quadro significativo leggersi le omelie pronunciate durante la Messa crismale, che si celebra il Giovedì prima di Pasqua, giorno che ricorda l’istituzione del sacerdozio. Disse in particolate il 28 marzo 2013: «Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede. La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dell’Unto, di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera arrivi al Signore: “preghi per me, padre, perché ho questo problema”, “mi benedica, padre”, “preghi per me”, sono il segno che l’unzione è arrivata all’orlo del mantello, perché viene trasformata in supplica, supplica del Popolo di Dio. Quando siamo in questa relazione con Dio e con il suo Popolo e la grazia passa attraverso di noi, allora siamo sacerdoti, mediatori tra Dio e gli uomini».
Nella visione di Francesco è fondamentale, per la vita sacerdotale, è essere decentrati, cioè il prete non deve mettere al centro della sua vita sé stesso ma Cristo. «Il nostro ministero – ha scritto Francesco il 5 agosto 2023 nella lettera inviata al clero di Roma - non si misura sui successi pastorali (il Signore stesso ne ha avuti, col passare del tempo, sempre di meno!). Al cuore della nostra vita non c’è nemmeno la frenesia delle attività, ma il rimanere nel Signore per portare frutto (cfr Gv 15). È Lui il nostro ristoro (cfr Mt 11,28-29). E la tenerezza che ci consola scaturisce dalla sua misericordia, dall’accogliere il “magis” della sua grazia, che ci permette di andare avanti nel lavoro apostolico, di sopportare gli insuccessi e i fallimenti, di gioire con semplicità di cuore, di essere miti e pazienti, di ripartire e ricominciare sempre, di tendere la mano agli altri. Infatti, i nostri necessari “momenti di ricarica” non avvengono solo quando ci riposiamo fisicamente o spiritualmente, ma anche quando ci apriamo all’incontro fraterno tra di noi: la fraternità conforta, offre spazi di libertà interiore e non ci fa sentire soli davanti alle sfide del ministero».
E proprio la Chiesa di Roma ha inviato gli auguri al proprio vescovo, il Papa appunto, per il 55° anniversario di ordinazione sacerdotale. «Padre Santo – recita il testo augurale -, in questa lieta ricorrenza intendiamo esprimerle il nostro affetto e il nostro sostegno. L’imminente apertura della Porta Santa, che segna l’inizio del cammino giubilare, sotto la sua paterna guida, è per noi motivo di speranza. Preghiamo il Signore affinché, per l’intercessione della Salus Populi Romani e dei nostri Santi Patroni Pietro e Paolo, lei possa continuare, con la stessa passione che ha testimoniato in questi anni, ad essere apostolo del Vangelo e della misericordia di Dio».
Parole semplici che aderiscono perfettamente allo stile, totalmente evangelico con al centro ai poveri e la testimonianza della misericordia divina, che il Papa ha voluto dare al suo servizio sacerdotale. Sequela di Cristo che ha nella preghiera la sua fonte imprescindibile. Tanto da farci dire con sicurezza che il più regalo possibile per il Pontefice nell’anniversario della sua ordinazione presbiterale sia la preghiera. E del resto Francesco conclude ogni suo discorso, udienza e incontro con un invito emblematico: non dimenticatevi di pregare per me.