venerdì 30 settembre 2016
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La logica delle armi e della sopraffazione, gli interessi oscuri e la violenza». È questa la cappa di morte che incombe su Aleppo e su gran parte della Siria sconvolta da una guerra ormai diventata "mondiale", se si considera il fatto che calamita combattenti da ogni continente (non esclusa l’Italia). Il ripetuto e insistito richiamo del Papa alla pace, al dialogo, al rispetto dei civili inermi, e dei bambini in particolare, si appella a una logica diversa, opposta e inconciliabile con le motivazioni della sopraffazione e dell’annientamento militare del nemico. In un momento in cui ogni spiraglio per una tregua sembra chiudersi di fronte all’escalation sul campo, resta soltanto la voce alta e appassionata di Francesco a ricordare che «la violenza genera violenza» e che ci si trova «avvolti in una spirale di prepotenza e di inerzia da cui non sembra esserci scampo. Questo male che attanaglia coscienza e volontà ci deve interrogare». Ma quel male non sembra scuotere le coscienze di tutti coloro che hanno qualche possibilità di incidere sulla situazione. La miopia e l’ostinazione che hanno guidato finora quasi tutti gli attori della crisi rendono sempre più difficile uscire dalla spirale dell’odio.Il fronte lealista che sostiene Assad, con Mosca apertamente in prima linea e l’Iran più discretamente all’opera, vede nella conquista di Aleppo una svolta nel conflitto. Il velo ipocrita della lotta ai terroristi del Daesh è ormai caduto: il regime e i suoi alleati vogliono domare l’intera galassia sunnita che li osteggia – estremisti e moderati –, riconquistare la città martire siriana e, forse, a quel punto trattare da una posizione di forza. Nella logica della sopraffazione denunciata da Francesco, una tregua sembra quindi un regalo al nemico, una chance perché si riorganizzi, e non un’occasione per portare aiuti indispensabili a donne e ragazzi che muoiono a centinaia sotto le granate, ma anche per mancanza di acqua e farmaci.Nella logica della violenza, che non comprende altra ragione, sono da tempo anche e soprattutto gli estremisti del jihad (e i Paesi che con loro hanno flirtato e continuano a sostenerli), i quali nelle zone da essi controllate schiavizzano, deportano, decapitano o uccidono con ogni efferato procedimento chi non si sottomette a un’idea deviata di religione intollerante.Ma al di fuori di una sincera logica di dialogo e di preoccupazione per la vita dei più deboli sono anche le potenze occidentali, gli Stati Uniti in primis, che hanno soffiato sul fuoco dell’opposizione armata ad Assad, hanno esitato nella strategia da assumere o hanno pensato maggiormente a colpire le centrali del terrorismo alimentando la guerra e non cercando di spegnerla. E che ora sono restii a concedere campo libero a Mosca, ma non riescono a distinguere tra le componenti sane dell’Esercito siriano libero e tutti coloro che vi si sono infiltrati per portare avanti la causa del fondamentalismo islamico.La politica può sempre (o quasi) fermare una guerra quando ne ha la volontà. Se però si fa imprigionare in una logica totalmente asservita agli interessi della propria parte e cieca alle sofferenze delle popolazioni (tanto da colpire un convoglio della Croce Rossa, come accaduto pochi giorni fa), tale volontà non potrà mai emergere. Una logica di tutt’altra natura è quella che i leader delle religioni hanno manifestato concretamente pochi giorni fa da Assisi, sedendosi insieme ad ascoltarsi e a discutere su impulso del mondo cattolico, il più colpito in un Medio Oriente segnato dall’«ecumenismo del sangue» e il più attivo sulla scena diplomatica per mettere fine alla guerra.Per la Siria il rischio è ormai che una tregua capace di dare vero sollievo arrivi soltanto con la sostanziale ripresa della parte Est di Aleppo da parte di Assad. Ma anche a quel punto sarebbe sbagliato farsi qualunque illusione: se non cambia la logica che guida le azioni, sarà il momento delle repressioni e delle vendette, da una parte, e dell’ulteriore inerzia di chi è stato soprattutto spettatore (come l’Europa), dall’altra. La storia ci insegna quanto sia difficile la conversione dei cuori. L’instancabile e attivo appello di pace che giunge da Francesco, grazie alla preghiera e alla parola forte che lo animano, tiene viva tuttavia la speranza che i cuori vengano infine toccati e riaperti all’ascolto dell’umanità che soffre e muore sotto le bombe sganciate in Siria.
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