Nel 'Piano vaccini' stilato dal supercommissario Domenico Arcuri c’è una piccola falla. Una dimenticanza, quantomeno, in quello che, per il suo carattere preliminare, chiamare 'Piano' in effetti è un po’ azzardato. Comunque, fra le categorie destinatarie del vaccino in via prioritaria vengono giustamente indicati il personale sanitario e quello delle Rsa. Mancano invece le badanti, figura tanto fondamentale nella nostra organizzazione sociale, quanto negletta.
Le badanti (e i badanti, seppure minoritari) sono imprescindibili per la cura dei nostri anziani. I lavoratori domestici assunti regolarmente sono 'solo' 860mila, di cui circa il 45% come badante, ma si calcola che esercitino questo mestiere complessivamente non meno di 2 milioni di cittadini (italiani, comunitari ed extra), la gran parte impegnata a vario titolo proprio nell’assistenza agli anziani. Secondo una ricerca della Fondazione Leone Moressa svolta per conto di Domina, infatti, si stima che siano fra 800mila e 1 milione i nostri nonni accuditi giorno e notte, o per alcune ore, da personale domestico in parte italiano e in maggioranza straniero (77%), donna nel 90% dei casi, per oltre la metà ultracinquantenne.
Ebbene, offrire in via prioritaria la vaccinazione a questo piccolo esercito di badanti avrebbe un doppio vantaggio. Anzitutto, mettere maggiormente al riparo dal contagio fino a un milione di anziani che viene accudito a casa e non nelle Rsa (con un risparmio per lo Stato di 15 miliardi di euro).
E inoltre, permettere ad altrettanti figli e nipoti di continuare a lavorare in tranquillità. Resta il problema di raggiungere davvero tutte le badanti, quelle messe in regola e le lavoratrici in nero, con un’efficace campagna vaccinale. Associazioni come le Acli e l’Assindat-colf, che ha lanciato un appello in questo senso al governo, potrebbero però agevolare l’individuazione dei soggetti da sottoporre a profilassi. E perfino favorire un’emersione dal nero, come ulteriore risultato positivo.
Per l’ultima sanatoria, infatti, sono state presentate oltre 170mila domande riguardanti il lavoro domestico, a testimonianza che in questo comparto ci sono molte posizioni lavorative, anche coperte da personale italiano e comunitario, che se incentivate possono emergere. Sull’accesso ai vaccini e le priorità riguardo alla loro somministrazione si sono sviluppati diversi filoni di riflessione e dibattito, tanto sul piano pratico quanto su quello più propriamente etico. Individuare una corretta gerarchia d’intervento non è certo né semplice né moralmente neutro, anzi si delinea come un vero dilemma.
Tuttavia, uno dei criteri da prendere in considerazione è proprio quello di 'privilegiare' coloro che si prendono cura degli altri: medici, infermieri, operatori socio-sanitari, badanti appunto e poi caregiver familiari, insegnanti, fino via via a forze dell’ordine, personale dei servizi essenziali, eccetera. Perché, nella sua essenza, il vaccino non è solo una protezione individuale, ma rappresenta assieme una forma di difesa che si mette in atto per chi ci sta accanto e una responsabilità che ci si assume nei confronti della collettività. È una 'cura' a cui chi 'si prende cura' dovrebbe poter aver accesso in via prioritaria.