Coraggio e determinazione non sono mancati al ministro Lorenzin per fare approvare il decreto vaccini, un provvedimento necessario e lungimirante di salute pubblica, anche se non da tutti condiviso. Bisogna infatti constatare come troppi cittadini e non poche istituzioni pubbliche continuino ad avere nei confronti della vaccinazione un atteggiamento ostile che non ha ragione di essere.
Il decreto pone fine a una condizione di stallo divenuta intollerabile. L’abolizione dell’obbligatorietà di vaccinarsi per iscriversi a scuola in Italia risale al 1999. In precedenza, dal 1967, era un requisito indispensabile per l’iscrizione. Il nuovo decreto reintroduce quest’obbligo a tutela della salute di tutta la popolazione. I danni provocati da quella inopportuna decisione di diciotto anni fa sono sotto gli occhi di tutti. Non solo in questi ultimi anni la copertura vaccinale della popolazione infantile italiana è progressivamente diminuita (sotto la soglia minima del 95% raccomandata dell’Oms), esponendo i nuovi nati a rischi infettivologici inaccettabili, ma è attualmente in atto nel nostro Paese una grave epidemia di morbillo (3.842 casi segnalati dall’inizio dell’anno con 3 decessi) che non ha eguali negli ultimi decenni nel mondo occidentale.
L’abolizione allora messa in atto dell’obbligo vaccinale era scaturita sia dall’errata illusione che molte delle malattie per cui ci si vaccinava fossero quasi scomparse "spontaneamente" (mentre la loro diminuzione era proprio legata agli effetti positivi della vaccinazione) sia dalla convinzione che sarebbe bastato il suggerimento di eseguire volontariamente le vaccinazioni (gratuite) per mantenere un’adeguata copertura. Mai considerazione fu più errata.
Il decreto è un atto legittimo sul piano giuridico - non lede la libertà individuale, ma garantisce la tutela della salute pubblica - e certamente efficace dal punto di vista sanitario. Anche se arriva un po’ in ritardo e contiene alcuni punti critici. La riduzione da 12 a 10 delle vaccinazioni per cui è previsto l’obbligo di certificazione (sono state tolte quelle contro il meningococco B e C) non è logica e appare anzi contraddittoria nel momento in cui si è diffusa una vera e propria "fobia per la meningite". Poca opportuna anche la norma per cui chi abbia già contratto naturalmente una malattia infettiva, se comprovato da una certificazione medica, possa ottenere l’esenzione dal vaccinarsi contro la stessa.
A tutto ciò si contrappone la pervicace convinzione che i vaccini possano "fare male" e che, per tali possibili rischi, ogni genitore debba essere lasciato libero di scegliere se sottoporre o meno i propri figli a tale pratica medica. Con abile operazione i no vax si sono trasformati in free vax, passando a presentare il «rifiuto» come «libertà di scelta». Scienza e medicina, però, non sono "democratici". La verità non è quella dettata dalla maggioranza. È quella che emerge usando i criteri dell’evidenza scientifica (che ha sue precise norme) e i metodi sperimentali della conoscenza. Da medico e da storico della medicina constato con preoccupazione che molti dimostrano di avere la memoria corta e di non possedere il senso della storia. Sembra che non ci si ricordi più come solo pochi decenni or sono, anche nel mondo occidentale, le malattie infettive erano la maggiore causa di morte. Solo a partire dall’Ottocento, proprio grazie ai vaccini – che storicamente hanno preceduto di un secolo l’avvento degli antimicrobici – molte malattie infettive hanno iniziato un lento ma progressivo declino: si pensi al vaiolo – ora scomparso – o alla poliomielite, anch’essa in procinto di essere dichiarata malattia estinta. L’atteggiamento dei free vax appare contradditorio: da un lato si spera che si possano realizzare presto vaccini efficaci contro l’Aids o per contrastare l’avanzata di gravi e letali infezioni (come la recente malattia di Ebola), dall’altro si assiste sempre più spesso al rifiuto di usare i vaccini già esistenti, sicuramente efficaci nel prevenire il rischio di contrarre patologie infettive gravi.
Mentre molti invocano vaccini per le nuove patologie si fatica a comprendere come un fetta di popolazione invochi la libertà di scelta per le vaccinazioni che i dati epidemiologici e sanitari dimostrano incontrovertibilmente essere salvavita. È oltremodo grave che oltre a pressioni un po’ legittime un po’ intimidatorie (come il ricorso alla Corte Costituzionale di alcune Regioni o la mini-campagna sul 'farsi adottare' dall’Austria lanciata da famiglie altoatesine che a ogni costo intendono non vaccinare i propri figli) si sia arrivati addirittura a violenze fisiche (come l’aggressione contro alcuni parlamentari avvenuta ieri a Roma).
I pregiudizi sui pericoli legati alle vaccinazioni non hanno ragione di essere. I medici (e ora finalmente anche i giudici) sono concordi nel ritenere che non esista nessun legame tra vaccinazione trivalente e autismo, tra vaccinazione e altre patologie, come confermano numerose evidenze scientifiche. I benefici della vaccinazione sono dunque incontrovertibilmente superiori ai rischi e ai costi, che pure esistono. Occorre un’adeguata e corretta informazione, un’alleanza conoscitiva senza preconcetti e pregiudizi, per non sprecare scioccamente le opportunità che la medicina offre oggi a tutti per la tutela della salute.