Ha aspettato molti mesi, ma non ha cambiato proposito. Ieri a Vasto, in Abruzzo, Fabio di Lello, marito di una donna investita e uccisa da un automobilista la scorsa estate, ha deciso di portare a termine la vendetta a lungo meditata. Ha seguito, atteso e ucciso a colpi di pistola l’investitore; poi è andato a depositare l’arma sulla tomba della moglie Michela. Come si deposita un mazzo di fiori, una pistola: te l’avevo promesso, cara, che non lo avrei lasciato vivere.
Dall’altra parte dell’oceano nelle stesse ore accade una vicenda di segno totalmente opposto, agli antipodi anzi. È la storia di un prete che lavorava nelle carceri con i giovani detenuti a Saint Augustine, in Florida, e che da uno di loro è stato assassinato. Ora quel ragazzo è in attesa della sentenza capitale. Ma il suo vecchio amico prete aveva lasciato a un notaio, oltre vent’anni fa, una lettera: «Non condannate a morte il colpevole del mio omicidio». Una profezia, oltre che un testamento: padre René Wayne Robert già nel 1995 era intimamente certo che la sua vita sarebbe finita per mano di uno dei 'suoi' ragazzi. Ragazzi disadattati, violenti, amatissimi, con i quali ogni giorno era una sfida. Il suo assassino, Steven Murray, 28 anni, appena rilasciato dalla prigione aveva chiesto soldi a padre Robert, e nella discussione aveva perso il controllo e lo aveva ucciso, la primavera scorsa. 28 anni, il giovane omicida, dunque ai tempi del testamento del prete era solo un bambino di sei anni. Come avvolto misteriosamente nella sapienza della profezia, quell’ancora giovane prete in qualche modo sapeva già, e già perdonava. Ora 7.000 fedeli della diocesi e tre vescovi hanno firmato una petizione perché il colpevole sia risparmiato: perché non si levi vendetta, sulla tomba di un prete misericordioso.
Le due storie divenute note nelle stesse ore da un capo all’altro dell’oceano paiono specchiarsi, in mondi alla rovescia. Sulla tomba di un cimitero abruzzese una pistola ancora calda, mortale promessa mantenuta; in Florida migliaia di persone che forse, d’istinto, non avrebbero ragionato diversamente, condotte da un cristiano al perdono. Allo stupore di chi guarda quel gesto fra noi raro, contrario al nostro umano impulso, e, finalmente, vede: quanto di più di vita e di speranza sta in questa scelta apparentemente debole, in verità così audace. Forte al punto di superare la morte, di farsi, al suo veleno, antidoto. Quel ragazzo americano forse vivrà. Forse perdonerà a sua volta qualcuno, un giorno; e sarà ancora scacco alla morte, nel nome del nostro Dio, amante della vita.