Caro direttore,
le recenti modifiche alla Costituzione italiana legittimano alcuni princìpi fondamentali che orientano il percorso della transizione ecologica. Il nostro benessere e quello delle generazioni future dipende dalla biosfera e prevale per diritto sul profitto. Gli interessi economici non possono contrastare con l’utilità sociale né danneggiare la sicurezza, la libertà, la dignità umana, la salute, l’ambiente. Si realizza così una delle proposte formulate dall’ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, fin dalla sua nascita nel febbraio del 2016.
Un 'buon passo' in avanti – come ha scritto su questo giornale pochi giorni fa Enrico Giovannini, fondatore e per cinque anni portavoce dell’ASviS – un punto di partenza per realizzare «una cultura comune basata su quei princìpi, in grado di farci affrontare con successo le grandi sfide attuali e future, co- niugando le esigenze economiche, la giustizia sociale e quella ambientale, per costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile basato sull’ecologia integrale di cui parla papa Francesco».
Le linee guida segnate dall’evoluzione della Costituzione ci indirizzano verso cambiamenti che riguardano l’intera umanità e coinvolgono ogni aspetto del nostro modo di abitare la Terra, da quelli più concreti e immediati alle questioni più filosofiche e spirituali. L’accelerazione delle crisi che stiamo vivendo ci rende consapevoli di dover ridefinire il concetto di benessere e quindi di immaginare come vivere bene, nel presente e nel futuro, affrontando scenari che appaiono apocalittici, specialmente per i giovani. Cambiamenti climatici, estinzioni di massa, inquinamento sistemico, pandemie, conflitti, tecnologie incontrollabili: le catastrofi che si profilano all’orizzonte verso cui volgono lo sguardo i nostri figli e nipoti sono non solo più numerose e complesse, ma soprattutto più vicine e interdipendenti rispetto a quelle che nessuna delle generazioni precedenti, nemmeno gli adulti e gli anziani di oggi, abbiano mai immaginato.
Nel 1972, quando è stato presentato il Rapporto sui limiti dello sviluppo, si è iniziato a parlare di «sviluppo sostenibile» ovvero di come soddisfare i nostri bisogni senza compromettere quelli delle future generazioni, alla luce della finitezza della Terra. Sono passati cinquant’anni. La popolazione mondiale è raddoppiata, l’impatto della nostra specie sull’ambiente ha raggiunto una potenza tale da farci entrare in una nuova era geologica, l’antropocene. Continuiamo ad affinare conoscenze e strumenti, a interrogarci sui bisogni, a trascurare i nostri limiti. Per questo la parola sostenibilità è ormai presente in ogni pensiero e ogni discorso. Nel 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030, individuando 17 obiettivi per realizzare un modello globale di sviluppo sostenibile entro il 2030.
Una data usata convenzionalmente per indicare la soglia massima oltre cui non avremo più tempo per arginare le conseguenze più negative dei cambiamenti che abbiamo innescato nella biosfera. L’Agenda 2030 è oggi l’unico piano condiviso da tutte le nazioni per affrontare il futuro del pianeta. E le 193 nazioni del mondo formano l’infrastruttura organizzativa principale usata per collaborare dalla specie che definiamo sapiens, sapiente. Una sapienza che la settimana scorsa il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha invitato a usare per intraprendere un’azione comune volta a «proteggere i beni pubblici globali fondamentali, come la salute pubblica e un clima vivibile, che supportano il benessere dell’umanità ».
Questa azione impegna ciascuno nelle proprie scelte individuali, ma passa soprattutto dalla responsabilità di chi guida le istituzioni, i grandi poteri economici e finanziari, gli eserciti, chi decide come si estraggono e consumano le risorse, chi indica i simboli da seguire. È il momento di scegliere, di prendere una strada diversa da quella della crescita lineare e apparentemente infinita su cui abbiamo corso finora. Di incamminarci, più lenti e leggeri, lungo un percorso circolare, accogliendo la contraddizione della finitezza insita nella ciclicità della vita. Di provare a sostentarci in maniera davvero sostenibile, lasciando impronte meno devastanti sulla Terra, la nostra casa, dove speriamo anche le future generazioni possano ben essere umane.
Presidenti dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile - ASviS