È trascorsa più di una settimana dall’iniziativa del Capo dello Stato, dal carattere straordinario come la situazione in cui siamo, che ha voluto incontrare tutti i livelli istituzionali tenuti a collaborare per frenare la seconda ondata della pandemia di Covid-19 e affrontare la crisi socio-economica che ha indotto. Sergio Mattarella – in logico, costante contatto col governo – nel suo giro di ricognizione aveva parlato prima con i presidenti di Regione, poi aveva ricevuto al Quirinale i presidenti delle Camere. Era scaturita l’idea di istituire senza indugio un tavolo di confronto costante fra tutte le forze politiche, ma ancora si discute se debba trattarsi di un organismo politico con dentro i capigruppo parlamentari, o di un vero e proprio organismo istituzionale, una sorta di Bicamerale d’emergenza. Il virus, nel frattempo, ha continuato a correre e si è fatta ancor più impellente quella «leale collaborazione» fra istituzioni e parti politiche che tanto si auspica e poco si vede.
In questi giorni, poi, si è registrato un fenomeno sconcertante. Il forse troppo complicato sistema di algoritmi pensato per tentare di dar luogo a un automatismo che renda più tempestive e mirate le restrizioni è diventato terreno di scontro, di confusione se non di manfrina. Un vero pasticcio di dati affluiti in ritardo e di dubbia attendibilità. In Liguria la contesa ha suscitato anche l’interesse della magistratura, analoghi sospetti erano stati affacciati in Calabria, ma su tutti spicca il caso Campania, pomo della discordia per presunti favoritismi governativi in ragione del colore politico di centrosinistra della Regione.
Come se il governatore De Luca non si fosse spinto in anticipo a chiudere, di suo, anche le scuole... Accondiscendenza da parte del governo avrebbe semmai significato accordare l’inasprimento delle restrizione, di fatto 'ratificando' quanto già posto in essere. Invece, a dispetto delle situazioni drammatiche che si registrano nei pronto soccorso, e nei reparti di terapia intensiva già prossimi al collasso, i numeri forniti a fotografare la situazione campana non autorizzano la classificazione della Regione come 'rossa' e nemmeno 'arancione'. Il Ministero della Salute ha così deciso di vederci chiaro, inviando suoi tecnici da Roma a verificare la credibilità dei dati, in special modo riguardo ai posti di terapia intensiva dichiarati.
Lo spettacolo è disorientante. E mina la credibilità di tutto il sistema, rischiando di vanificare un meccanismo pensato per favorire un’unità di intenti sganciata da visioni di parte. Chissà come commenterebbe Tina Anselmi, prima donna ministro e promotrice della legge sul Servizio sanitario nazionale, che affidò alle Regioni, ancora fresche di istituzione, la competenza più importante in dotazione. Chissà se si unirebbe all’opinione crescente che vorrebbe, in situazioni che hanno a che vedere così direttamente col l’uguaglianza sostanziale dei cittadini, il ripristino di una gestione 'centralizzata' di un servizio che è e deve restare efficientemente 'nazionale'.
A completare il quadro, deludente, del protagonismo degli enti locali nella pandemia, c’è il ruolo piuttosto marginale recitato dai sindaci che hanno chiesto e ottenuto di veder cassato il riferimento ai Comuni nel Dpcm dopo che il presidente del Consiglio aveva già annunciato l’intenzione di attribuire loro poteri per istituire zone rosse mirate, che forse sarebbe servito a prevenire le immagini di lungomare e centri storici presi d’assalto il fine settimana come niente fosse. E dire che il sindaco, come autorità di 'prossimità', è investito da sempre di poteri monocratici da 'ufficiale di governo' in stretto coordinamento con le Prefetture... Tutto ciò aumenta, invece di diminuire, il dovere di fare quadrato, per arginare gli errori commessi e prevenirne altri.
Un po’ come il Quirinale, che si è fatto carico di stoppare incostituzionali 'controlli a casa' ed era pronto a intervenire se si fosse affacciata davvero la sciagurata ipotesi di segregare gli anziani. Ma se pasticci istituzionali e disservizi non hanno colore, vale lo stesso per i segnali confortanti che per fortuna arrivano di sensata e utile 'leale collaborazione'. Importante, speriamo 'contagioso', quello che mandano i presidenti Zaia ( Veneto), Fedriga (Friuli Venezia Giulia) e Bonaccini (Emilia Romagna) che preannunciano coordinate ordinanze anti-assembramenti. Che si aggiunge ai segnali venuti da Nicola Zingaretti e Silvio Berlusconi per un’assunzione di responsabilità comune. È il momento di pretendere, da parte di tutti, comportamenti in linea con la gravità della situazione che vede in gioco il futuro del Paese.