Due passaggi, in particolare, è bene sottolineare nel discorso che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto inaugurando ieri a Padova l’anno nel quale la città veneta sarà Capitale europea del volontariato: il primo è il ribaltamento dell’idea stessa di volontariato, da attività che appartiene «ai tempi residuali della vita» a modo di essere che incide «sulle strutture portanti del nostro modello sociale». Il secondo, di conseguenza, è l’auspicio che si proceda nei prossimi mesi con l’attuazione della Legge sul Terzo settore.
Sono lontani i tempi in cui si pensava al volontariato come attività solo spontaneistica, di persone generose, che doveva essere destinata a scomparire in uno Stato dovutamente organizzato. Invece, come sottolinea il presidente Mattarella, da tempo le diverse anime che compongono questo mondo, non sono mai venute meno nel loro impegno dando un carattere di continuità e di maturazione che le rende un soggetto affidabile, soprattutto nei momenti di emergenza e in tutte le situazioni di marginalità. Sono diventati punti di riferimento, «corpi intermedi», nel tessuto sociale italiano.
E benché nella mentalità dei più, "pubblico" coincida ancora con "realizzato dallo Stato", non sono nemmeno più i tempi in cui contrapporre "Stato" a "privato". In una logica di mercato che ha preso il sopravvento, lo Stato, le istituzioni, le loro funzioni sembrano in affanno nello svolgere il loro ruolo. L’apparato statale si è indebolito. Ma ancora di più, si sono indeboliti quei legami di fiducia e quel sentimento di destino comune che genera tanto smarrimento e insoddisfazione tra le persone.
Mai come in questo momento occorre liberare le energie migliori di una società smarrita e demotivata. «La passione sconfigge l’indifferenza – ha detto ancora Mattarella –. Quell’indifferenza che inizia nei confronti delle difficoltà e delle sofferenze degli altri e che, nella storia, è giunta a manifestarsi cinicamente persino in presenza di crudeli persecuzioni». C’è bisogno di «accendere scintille» attraverso la diffusione di consapevolezza, riflessione, condivisione, scambio di esperienze. Questo è il valore, oltre ai servizi che offrono e al contenimento della disuguaglianza tra persone, di tutti quei soggetti – come le associazioni di volontariato – che fanno parte del Terzo settore. Ora, questo mondo che, è bene ricordarlo, anche in tempo di crisi ha continuato a crescere e a consolidarsi, non ha ancora un quadro normativo di riferimento. Diverse leggi e circolari si sono succedute negli anni per dare soluzioni alle esigenze che mano a mano nascevano, organizzative, fiscali, proprietarie. Risale solo al luglio del 2014 la pubblicazione delle Linee guida per la Riforma del Terzo settore e al 2016 la promulgazione della legge delega 106, che definisce questo settore come il «complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, senza scopo di lucro». Un buon abbrivio, ma i decreti attuativi arrivano con il contagocce.
Mancano pilastri importanti quali, ad esempio, l’istituzione del Registro unico nazionale (per il quale sono in corso le consultazioni), l’introduzione di nuovi regimi fiscali e degli strumenti di finanza sociale previsti. Va dato atto che l’avvicendarsi di quattro governi in quattro anni non ha aiutato e se l’iter della legge non si è bloccato lo si deve alla dedizione di tanti funzionari e delle tante associazioni riunite nel Forum nazionale del Terzo settore. Ciò che stanno portando avanti è ancora più significativo di fronte al clima di discredito – questo giornale ha parlato apertamente di «guerra contro la solidarietà» – che si è creato verso le realtà del Terzo settore e di cui la campagna contro le Ong, la proposta di 'tassa sulla bontà' e dello status di partito (con gli obblighi e i costi conseguenti) agli enti non profit sono solo degli esempi. La parola del presidente è un alto e altro riconoscimento, e spinge nella giusta direzione.
Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà