Pare che in questi giorni di coronavirus, zone rosse e quarantene, l’Amuchina sia diventata più preziosa dell’oro. Su Amazon, se vuoi acquistare qualcosa per disinfettarti le mani, puoi arrivare a spendere cifre esorbitanti. Aumenti improvvisi, certo, ma non imprevedibili.
Nel 2004, quando l’uragano Charlie devastò la Florida, causando la morte di decine di persone e danni per 11 miliardi di dollari, si assistette a una grande gara di solidarietà, ma anche a episodi meno nobili: il prezzo dei sacchetti di ghiaccio passò da 2 a 10 dollari, visto che la mancanza di elettricità aveva reso il ghiaccio indispensabile alla conservazione dei cibi. Molti alberi poi, erano caduti sui tetti delle case, e le ditte di rimozione iniziarono a pretendere compensi esorbitanti. Il costo dei gruppi elettrogeni passò in un giorno da 250 a 2.000 dollari. Un albergo si offrì di ospitare un anziano disabile e sua figlia rimasti senza casa per la cifra di 160 dollari a notte. Il costo della stessa camera era stato fino a pochi giorni prima di 40 dollari. Certo, ci siamo detti più volte, gli Stati Uniti sono un altro mondo. Da quelle parti «greed is good» (l’avidità è cosa buona).
Ricordiamoci, allora, di cosa accadde nel 2011, quando all’indomani della tragedia di Fukushima, i biglietti dei voli Alitalia per chi voleva tornare in patria dal Giappone aumentarono in modo indegno; fino a 10mila euro per un volo di sola andata. Fu necessaria una raccolta firme e l’intervento del Ministero degli Esteri, affinché la 'compagnia di bandiera' si decidesse a ridurre i prezzi.
Cinismo e opportunismo? No, è la più elementare logica di mercato. Se la domanda di Amuchina aumenta improvvisamente e l’offerta rimane inalterata, allora il prezzo è destinato ad aumentare. I produttori proveranno a vendere a un prezzo maggiorato e se troveranno qualcuno disposto a comprare allora il prezzo di mercato salirà. Se invece nessuno comprerà, allora il prezzo tornerà a scendere. Prima di far scattare la comprensibile indignazione per la turpitudine che può muovere coloro che speculano sulle disgrazie altrui, immaginate per un attimo la vostra reazione nel caso in cui qualcuno venisse da voi e vi dicesse: «Guarda che tu, anche se ci sono persone disposte a pagarlo, non puoi proporre per i beni o i servizi che produci – medico, insegnante, avvocato, geometra, operaio, etc. – un prezzo superiore a questa cifra». Direste, giustamente: «E per quale motivo? Con quale diritto vieni a dirmi che se qualcuno vuole pagare 100 euro per un’ora del mio lavoro specializzato, tu mi obblighi a chiederne al massimo 20?».
E allora, però, perché se le persone sono disposte a spendere 100 euro per comprare un po’ di Amuchina, qualcuno dovrebbe impedire a chi la vende di proporla a quel prezzo? Beh, perché non tutti i beni sono uguali. Se credo che un quadro valga 5.000 euro, sono del tutto libero di spenderli, ma se un bene diventa costoso perché necessario a soddisfare bisogni diventati improvvisamente urgenti, allora le cose cambiano. Qui si nasconde la speculazione. Che fare? Per esempio, non bisogna dimenticarsi che il mercato è composto da due lati, l’offerta e la domanda. Troppo spesso stiamo a giudicare i difetti dell’offerta senza sottolineare le potenzialità della domanda. Noi tutti come consumatori possiamo reagire esercitando il nostro sacrosanto 'voto con il portafoglio'. Tu fai speculazione? E io non compro i tuoi prodotti! Tu fai il furbo alle spalle di chi è in difficoltà? E io premio con il mio acquisto il tuo concorrente più responsabile. La logica del mercato, in fondo, prevede anche questo potere. Esercitiamolo (magari facendosi il disinfettante in casa come facevano le nostre nonne). Per il bene stesso del mercato, e di noi tutti.