Ancora due morti alla frontiera tra Italia e Francia nel tentativo di varcare il muro invisibile eretto ormai sette anni fa. Morti che sono un pugno nello stomaco perché quel muro tra Paesi membri nell’Europa libera e senza confini non ci dovrebbe più essere. Aveva solo 15 anni Ullah Rezwan Sheyzad, il cui corpo è stato ritrovato il 26 gennaio a Salbertrand, in alta Val di Susa, vicino ai binari della Torino-Modane. Marciava lungo la linea ferroviaria quando è stato travolto da un treno. Forse si è distratto per un istante fatale. O forse era stanco per il lungo viaggio e ha ceduto.
Era lì da chissà quanto tempo, lo hanno identificato grazie alle impronte digitali. Fuggiva dall’Afghanistan, lasciato prima della presa del potere dei taleban. Aveva avuto dalla famiglia 6mila dollari per pagare i passeur e attraverso la rotta balcanica è arrivato in Italia ai primi di novembre. Il confine non è impenetrabile, chi può permettersi un passaggio in auto o in furgone da un passeur riesce ad attraversarlo. Il muro ferma i poveri come Ullah.
Lui sapeva che in Europa poteva viaggiare solo a piedi perché non aveva green pass e soldi per i trafficanti. Quando la polizia italiana lo ha fermato il 3 novembre e portato in una comunità in Carnia ha detto all’interprete che do- veva rimettersi in marcia. Così ha attraversato a piedi il Nord e non si è fermato nemmeno al rifugio Fraternità Massi di Oulx, ampliato il 26 dicembre scorso, a cambiarsi abiti e scarpe. Troppa fretta di raggiungere a Parigi la sorella per poter aiutare la sua famiglia. Nello zainetto hanno trovato una batteria portatile per ricaricare il cellulare, una felpa e i biglietti con i numeri di telefono di afghani a Parigi, la sua destinazione. Ullah ci ha infilato anche la sua adolescenza troppo breve, come fecero tanti italiani che emigravano un secolo fa dal Nord Italia per andare in Francia, passando anche per questa valle.
Ma la sua tragica storia è simile anche a quella di tanti minori non accompagnati scomparsi o perduti. Poteva legittimamente chiedere protezione Oltralpe e arrivare in sicurezza a destinazione, chissà se era stato informato. Forse sapeva che la polizia francese non guarda troppo per il sottile. L’anno passato sono stati oltre 24mila i respingimenti registrati in tutto il confine italofrancese secondo i dati del Ministero dell’Interno, il 13% in più rispetto al 2020 e il 46% in più del 2019. Respingimenti spesso indiscriminati, sostengono le associazioni umanitarie.
A nessuna di queste persone, spesso nemmeno ai minori come Ullah, le autorità francesi consentono di presentare domanda di asilo, come avrebbero diritto, da opporre al rifiuto di ingresso attraverso un esame. Perché senza rifiuto cade anche la possibilità di presentare ricorso e così non si perde tempo né si spendono soldi. Queste vite non valgono granché, evidentemente. Il primo febbraio a Ventimiglia un altro migrante ha perso la vita su una linea ferroviaria alla frontiera italo francese. Un uomo che non è stato possibile identificare stava cercando di raggiungere Mentone a tutti i costi nascosto sopra il treno, nel pantografo, ma è morto fulminato a Latte, vicino alla meta, come un condannato sulla sedia elettrica.
Lo hanno trovato carbonizzato, semi disintegrato. Chissà se sapremo mai chi era, quanti anni aveva, se aveva una famiglia, una madre che lo possa piangere. La sospensione del Trattato di Schengen scattata in Francia nel 2015 doveva durare al massimo due anni, per le persone migranti è diventata la norma. Ma non possiamo abituarci alla morte di un bambino di 15 anni in viaggio come a quella di un uomo folgorato come una zanzara sulla griglia elettrica. È arrivato il tempo di rispondere alla richiesta di dignità umana per chi è profugo e si fa migrante scandita dal presidente Mattarella, combattendo il traffico di esseri umani anche entro i nostri confini. Sia data finalmente la possibilità di chiedere asilo in Francia e nella Ue a chi ne ha diritto.
Oltretutto in terre che vantano di essere culla di diritti civili. E ai minori soli si garantisca il diritto elementare di ricongiungersi ai famigliari, come prevede la normativa internazionale, per evitare altre tragedie. Non possiamo continuare a lasciare, a Salbertrand come a Ventimiglia, fiori in memoria di viaggiatori che troppi dimenticheranno subito, e che ora nessuno fermerà più.