Quale sarà, per il sempre meno dorato mondo del pallone nostrano, il punto di caduta dell’'Operazione Prisma' della Procura di Torino, che ha al centro le fantomatiche plusvalenze, termine ostico mutuato dalla contabilità commerciale? Al momento non è semplice pronosticarlo, tanto sul piano penale che su quello sportivo. Rispetto al primo, bisognerà attendere l’esito dell’inchiesta giudiziaria, e dell’eventuale processo, nei confronti dei vertici della Juventus. Il poco che trapela riferisce di un ammontare di 282 milioni di euro relativi al triennio 2019-2021 finito sotto la lente degli inquirenti, insieme alle ipotesi di reato di presunte false comunicazioni, da parte di una società quotata in Borsa, e di presunte false fatturazioni.
Ma ci sono anche sospetti sui compensi di agenti e procuratori nelle transazioni e su presunte 'scritture' fantasma fra società e calciatori. Il cardine dell’ipotesi accusatoria è la presunta «gestione malsana delle plusvalenze» usata come strumento 'salva bilanci' o come «correttivo dei rischi assunti in tema di investimenti e dei costi connessi ad acquisti e stipendi scriteriati». In quale modo? Secondo i pm, usando un «ricavo di natura meramente contabile» e dunque «fittizio », relativo a diverse operazioni di mercato, per mascherare perdite di esercizio.
Dal canto suo, la società rivendica di aver agito sempre secondo le regole. E sarà interessante vedere, sul piano tecnico, quale li- nea di difesa adotteranno negli interrogatori le persone indagate, fra cui il presidente Andrea Agnelli e l’ex dirigente Fabio Paratici. Sul piano sportivo, invece, sarà la procura federale della Figc a dover vagliare con attenzione, insieme agli atti torinesi, il contenuto delle segnalazioni della Consob e della corposa relazione che la Covisoc, che vigila sulle società di calcio, ha depositato a ottobre. Un dossier che segnalerebbe presunte operazioni sospette della Juventus, ma anche alcune relative ad altre 5 società.
Sul piano sportivo, se dovessero essere provate delle irregolarità, le possibili sanzioni previste dalle norme della Figc per chi fornisce «informazioni mendaci, reticenti o parziali» vanno dalle ammende ai punti di penalizzazione fino all’impossibilità di iscriversi al campionato. Il problema, però, è che il nodo resta ingarbugliato da vent’anni. Il concetto di plusvalenza (l’incremento del valore di uno stesso bene in momenti diversi, influenzato anche dall’ammortamento annuo), già non semplice da determinare in ambito commerciale, diventa ancor più fluido ed etereo se applicato al valore dei calciatori, perché determinato da fattori come le prestazioni, ad esempio. Quale oscillazione del valore di mercato, tanto per fare un esempio, può avere un terzino che fa una stagione in panchina ma poi segna i gol vincenti in semifinale e finale?
Ciò detto, un meccanismo contabile, anche quando consentito dalle norme, non dovrebbe essere usato come una coperta da stiracchiare per coprire anomalie nel bilancio. E in questo, il calcio italiano è recidivo. Per chi ha memoria, non è la prima volta che viene a galla il problema di presunti valori milionari assegnati sulla carta non solo a campioni, ma a anche a giovani promesse in erba. A inizio anni Duemila fece rumore la bolla speculativa del «doping amministrativo », evocata a proposito dei bilanci di 7 club d’alto rango ( Juventus, Milan, Inter, Lazio, Roma, Parma e Fiorentina), le 'sette sorelle' sospettate di aver contabilizzato plusvalenze per 750 milioni in euro. Come finì? Negli anni seguenti quei processi penali si chiusero con proscioglimenti (perché il falso in bilancio era stato depenalizzato), assoluzioni o al massimo ammende.
Poi il bubbone è scoppiato nel 2018 per i casi Cesena e Chievo, con una penalizzazione di punti per i romagnoli e invece il fallimento per la società venetà, travolta dal buco in bilancio. Ora, l’operazione Prisma scoperchia per l’ennesima volta il vaso di Pandora di un sistema che – dati alla mano – continua a fondarsi su artifizi contabili: nel Report della Figc relativo alla stagione 2017-18, si annota che il settore professionistico ha prodotto plusvalenze per 777 milioni di euro, con curiose corrispondenze con la voce ammortamenti, anch’essi di 777 milioni. La buona notizia è che, a quanto si dice, il presidente della Federazione Gabriele Gravina stia studiando un sistema di regole per superare il meccanismo contabile delle plusvalenze.
Non sarà semplice, perché la questione è quantomeno europea e anche l’Uefa dovrebbe muoversi in sincronia. Ma pare l’unica via preventiva, non giudiziaria, per liberare il 'giuoco' del calcio da espedienti quantomeni opachi, e avviarlo finalmente verso quelle pratiche di fair play e fair trade( correttezza in campo, nei conti e negli affari) evocati di continuo in convegni e note stampa, ma a volte lasciati lettera morta.