Grandi gesti evangelici segnano la vita della Chiesa in questi giorni, ponendosi all’attenzione stupita e ammirata di tutti dentro e fuori la Chiesa, su scala mondiale. Ne sono protagonisti i due Pastori che si sono avvicendati sulla cattedra di Pietro nel volgere di trenta giorni: Benedetto e Francesco. Papa Benedetto ci sorprende con la sua disarmante umiltà: il papa teologo, il pastore-maestro, scende dalla più alta cattedra religiosa e morale del mondo, confessando l’affievolirsi progressivo delle sue forze, che non gli consentono di sostenere più il peso, sempre più gravoso, del ministero petrino, ed entra nel grande silenzio della meditazione e della preghiera. Papa Francesco ci sorprende con la sua avvincente semplicità: il pastore venuto dalle
villas miseria metropolitane del Sudamerica, salendo sulla cattedra di Pietro, pronuncia parole e compie gesti improntati a sobrietà ed essenzialità. Parole e gesti profondi e ad impatto immediato nel cuore della gente, che ne percepisce subito il calore umano e la vicinanza pastorale.Umiltà e semplicità: due piccole-grandi virtù. Piccole perché nascoste, inappariscenti, momenti e brani della
kenosi evangelica. Grandi perché indici di magnanimità e generosità, espressioni della «libertà che abbiamo in Cristo Gesù» (Paolo ai Galati 2,4). È questa la grande risorsa del cristiano e della Chiesa: non conquista dell’uomo ma frutto dello Spirito di Dio nel cuore dei credenti e, per essi, nella comunità ecclesiale. Nella testimonianza di umiltà di papa Benedetto e di semplicità di papa Francesco è all’opera lo Spirito Santo nella Chiesa oggi. E la Chiesa continua a risplendere, agli occhi degli uomini, come «sacramento universale di salvezza», «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (
Lumen gentium). Continua a risplendere, malgrado le insufficienze e i fallimenti, le colpe e gli scandali di suoi figli e le diffidenze e i disfattismi di tutti i profeti di sventure.La libertà di umiltà e di semplicità con cui Benedetto e Francesco hanno contraddetto e sorpreso il mondo in questo tratto impervio e sofferto del cammino della Chiesa, dice della provvidenza di Dio che non abbandona il suo popolo Ma rinnova e guida la Chiesa attraverso la sapienza della croce. Sapienza
kenotica del rinunciare, del farsi piccolo e servo; logica dell’ultimo posto, del perdere, marcire e morire, come il seme nel terreno, per germogliare, fiorire e portar frutto, per ritrovare e risorgere. Tanto più quanto più la grande crisi economica e morale insieme, che deprime persone e società oggi, le rende assai più sensibili a una Chiesa umile e semplice, sobria ed essenziale, perché a esse più vicina e solidale. Chiesa-faro di salvezza e di speranza nel buio e tra i frangenti del presente. Di qui lo sguardo ammirato della gente di ogni latitudine e continente, conquistata dalla libertà evangelica di Benedetto e di Francesco.Tutto questo fermento in tempo di Quaresima. Tempo di conversione e rinnovamento: esodo di povertà e rinuncia, di distacco e dedizione, di provvisorietà e speranza, scandito dalle beatitudini evangeliche. Tutt’altro che motivi di distrazione dal cammino quaresimale, i due grandi eventi lo segnano efficacemente: due grandi
kairos della grazia, per un ritorno penitenziale al Vangelo, nella sequela di povertà e
diakonia del Divin Maestro. Eventi dono e appello dello Spirito alla Chiesa – e per essa al mondo intero – a uno stile di vita improntato all’essenzialità e alla convivialità evangelica.