Tre leader in palese difficoltà stanno condizionando in queste ore il Consiglio Europeo iniziato ieri a Bruxelles: due di loro – Emmanuel Macron e Angela Merkel – sono fisicamente presenti, il terzo – Vladimir Putin – è il convitato di pietra al quale si rivolgono. Il risultato, come vedremo, è quello di un’Europa profondamente divisa nell’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia, in bilico fra il pragmatismo ostentato da Joe Biden al vertice di Ginevra («Si tratta su tutto, non ci si piega davanti a niente ») e i vasti e longevi interessi di bottega che Parigi e Berlino vantano nei confronti di Mosca.
Anche per questo Macron e Merkel premono per riportare Putin al tavolo delle trattative con l’Europa, ripristinando un format sospeso dall’ormai lontano 2014, anno in cui avvenne l’Anschluss della Crimea che passò dall’Ucraina alla Federazione Russa grazie a un referendum fortemente condizionato dalla silenziosa pressione dei contractors mandati da Putin. Formalmente la chiamano 'cooperazione selettiva', ma di fatto abbraccia una tale vastità di capitoli – dal clima alle frontiere comuni, dallo spazio alla salute, dalle rotte artiche alla Siria, dall’Iran alla lotta al terrorismo – che più che un ripristino delle relazioni fra Bruxelles e Mosca è un abbraccio al potente vicino. Tutto bene, si direbbe: la distensione fra noi e l’ex Unione Sovietica è tema antico e variamente perseguito fin dall’epoca di Breznev, degli euromissili, del disgelo fra i plenipotenziari Schulz e Shevardnadze.
Lo fa rimarcare la stessa Ue per bocca dell’alto rappresentate per la politica estera Josep Borrell: «Abbiamo presentato tre azioni sulla Russia: respingere, quando infrange il diritto internazionale, trattenere i comportamenti sulle attività negative, coinvolgerla in temi di comune interessi». Peccato che si tratti dello stesso Borrell umiliato dal ministro degli Esteri russo Lavrov quando provò a protestare per l’arresto del dissidente Navalny e rispedito a Bruxelles con la patente di inaffidabilità e l’espulsione di tre diplomatici: come dire la peggior figura internazionale dell’Europa degli ultimi anni. Proviamo ora a guardare la medesima vicenda da parte russa. Per Putin è una seconda consacrazione internazionale e un ritorno sul podio dei grandi.
Dopo il gelido agreement con Biden, ora il leader russo può vantarsi di fronte alla sua distratta ma scontenta opinione pubblica di aver costretto l’asse Parigi-Berlino ad andare a Canossa («Non basta che Biden parli al presidente russo. Serve un diretto contatto della Ue con la Russia, altrimenti non saremo in grado di risolvere i conflitti», ha ammonito Merkel nel suo ultimo discorso davanti al Bundestag), forte anche di quella sventurata provocazione nel Mar Nero da parte del cacciatorpediniere britannico 'Defender', che ha indotto Mosca a un blitz aeronavale per allontanarlo dalle coste della Crimea. Certo, Londra non fa più parte della Ue, ma pur sempre di un membro della Nato si tratta.
Tuttavia quel summit con Putin che Borrell, Macron e Merkel invocano evidentemente non piace a tutti. Certamente non ai Paesi baltici, alla Polonia, alla Svezia, al premier olandese Rutte, che senza mezzi termini dichiara che diserterà un eventuale vertice Ue-Russia. «È da irresponsabili – dice il lituano Landsbergis – tendere la mano a uno Stato totalitario». Paura e diffidenza s’intrecciano con la difficile strada del compromesso, disegnando così il profilo di un’Europa che anche in questa circostanza si muove divisa, così come ha fatto su tanti altri capitoli cruciali, primo fra tutti quello sull’immigrazione. La proposta franco-tedesca, che la Commissione Europea fa sua e l’Italia sostanzialmente appoggia, è forse l’unica strada percorribile nella ricerca di quell’equilibrio senza il quale fra Europa e Russia ci sarebbe soltanto un dialogo fra sordi.
Ma l’estrema debolezza di Putin, il suo aggrapparsi a un nazionalismo ormai corroso dal tempo e dagli eventi sono la variabile che davvero potrebbe far saltare quel fragile tavolo che si cerca di allestire, spingendolo a nuove pericolose avventure, a nuovi intollerabili giri di vite. Ed è questo il rischio maggiore a cui l’Europa va incontro.