Avviso di pericolo di mine sulla spiaggia di Odessa - Ansa
Il giorno numero 50 della guerra atroce che si combatte nel cuore dell'Europa è stato segnato dalla peggiore singola sconfitta militare subita dalla Russia a partire dall'avvio dell'invasione. Si tratta dell'affondamento dell'incrociatore "Moskva", l'ammiraglia della flotta russa dispiegata sul Mar Nero. "I missili Nettuno che proteggono Odessa hanno colpito pesantemente la nave", aveva scritto su Telegram il governatore della città Maksym Marchenko. E dopo una serie di smentite è arrivata la conferma anche dal comando russo, anche se la versione ufficiale è quella di un incidente a bordo.
La perdita della "Moskva" costituisce un grave smacco per il Cremlino e una forte iniezione di entusiasmo per lo sforzo bellico di Kiev (le poste ucraine hanno addirittura preparato e stampato in poche ore un francobollo celebrativo dell'evento). Di per sé, l'azione non muterà gli equilibri della guerra, ma può segnalare che le forze armate russe sono ancora più vulnerabili di quanto mostrato finora. E che l'offensiva che si prepara nel Donbass non sarà una passeggiata trionfale, soprattutto alla luce dei nuovi rifornimenti di armi in arrivo a giorni dagli Usa per i resistenti.
Nelle stesse ore, Svezia e Finlandia manifestavano la volontà sempre più forte e condivisa nelle rispettive opinioni pubbliche di aderire alla Nato. Se si considera che il timore dell'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza Atlantica è stato il detonatore della guerra, si comprende come anche questa circostanza sia una pesante débâcle per Putin. Il confine comune tra Helsinki e Mosca è lungo quasi 1300 chilometri: significherebbe per la Russia un ulteriore "accerchiamento" geopolitico e soprattutto psicologico, con il relativo colpo all'immagine imperiale.
Nel momento in cui si è impegnato in una difficile guerra, sacrifica migliaia di propri giovani, subisce le sanzioni che fiaccano la sua economia, si espone a un isolamento internazionale che lo costringe a rivedere anche alcuni suoi piani di lungo periodo, il tutto al fine di "svincolarsi dalla morsa della Nato", il Cremlino si ritrova come effetto un ulteriore allargamento del dispositivo militare occidentale alle sue porte. Non è un caso se le minacce verso i due Paesi scandinavi sono saliti di livello nelle ultime ore. Ma è abbastanza chiaro che in questo caso Putin non potrà andare oltre alle intemperanze verbali o allo spostamento di qualche testata nucleare (non innescata).
All'approssimarsi della Pasqua, che tutte le Chiese cristiane - tranne gli ortodossi di Mosca - avevano chiesto portasse una tregua nei combattimenti, gli ultimi eventi bellici e diplomatici sembrano rendere sempre più difficile una fine ravvicinata delle ostilità. L'Armata cerca di prendere per fame e sete l'ultima resistenza di Mariupol e di altri centri necessari per il controllo dell'accesso al Mar d'Azov. Dovrebbe seguire poi l'ordine per la riconquista totale della regione sudorientale. Di fronte a questi ultimi sviluppi si potrebbe tuttavia temere che il Cremlino voglia dare qualche altro segnale di forza, anche per "riequilibrare" la narrazione di un conflitto che sta diventando tutto fuorché un trionfo per Mosca. La capitale Kiev, è stato fatto balenare dai comandi militari, potrebbe tornare nel mirino degli attacchi dal cielo, proprio quando la città e la regione circostante si stanno ripopolando, anche con il ritorno in patria di un milione di sfollati che avevano varcato il confine a Ovest verso l'Europa.
Ma forse, se si prendono per buone le molte voci che circolano in ambienti internazionali, non ci sono opzioni tra cui scegliere o misteri da svelare nelle strategie di Mosca. Tutto quello che l'Armata può fare sul campo lo fa e la sua apparente debolezza è reale. Si dice infatti che il ministro della Difesa Shoigu, uno degli uomini chiave dell'apparato bellico, sia fuori gioco per un attacco cardiaco. E che il generale Beseda, capo del Fsb, il servizio segreto estero, sia agli arresti per il fallimento delle operazioni legate all'invasione dell'Ucraina.
Lo stesso Putin è tornato a parlare di gas venduto all'Europa, non riuscendo a celare un certo nervosismo sul tema, anche se le sue parole si possono leggere come un'ulteriore velata minaccia. Il presidente ha affermato che la Russia deve realizzare nuove infrastrutture per vendere la sua energia a Est e a Sud nel prossimo futuro. Un piano per prepararsi all'eventuale stop agli acquisti da parte occidentale o un avvertimento, per indicare che nessuna misura potrà piegare il suo Paese? In ogni caso, lo Zar si dice convinto che gli attuali compratori non rinunceranno agli approvvigionamenti e, quindi, continueranno ad alimentare i suoi forzieri. Tutti segnali che il braccio di ferro non è vicino a una conclusione.