mercoledì 3 maggio 2023
La visita di Zelensky all'estero rafforza le smentite di Kiev. Accuse a "partigiani" interni ma c'è chi ipotizza una simulazione per giustificare rappresaglie contro i vertici nemici. Giallo sui video
Immagine tratto da un video dell'attacco

Immagine tratto da un video dell'attacco - Reuters

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La guerra in Ucraina segna il suo 434 giorno con una sorpresa militare che spariglia anche il quadro diplomatico, per il suo impatto simbolico e mediatico, ben superiore alla reale portata “terroristica” dell’evento. L’“attacco” al Cremlino con due droni, il tentativo di assassinare il Presidente Vladimir Putin colpendo la sua residenza nel centro di Mosca, come ha detto il portavoce del governo russo, è un episodio tutto da decifrare, avvolto per ora nel mistero. Le fonti ufficiali della Federazione dicono che le difese aeree hanno abbattuto due velivoli senza pilota l’altra notte. E che il leader non si trovava nel complesso in quel momento.

La Russia ha dichiarato che i due droni che avrebbero preso di mira il Cremlino sono stati disattivati utilizzando radar elettronici. Sui social media sono apparsi filmati non verificati che mostrano un oggetto sorvolare il Palazzo prima di una piccola esplosione seguita da fiamme. In un video diffuso sui social media fumo si alza sopra il complesso fortificato, in un altro è visibile una deflagrazione sopra l'edificio del Senato, mentre due uomini sembrano arrampicarsi sulla cupola.

Ci riserviamo “il diritto di adottare misure di ritorsione ovunque e in qualsiasi momento sia ritenuto necessario", la prevedibile risposta, mentre l'Ucraina ha chiarito di non avere nulla a che fare con il presunto raid. Zelensky ha affermato che il suo Paese è estraneo e non vuole colpire Putin. La lettura che ufficialmente si dà a Kiev è duplice. Da una parte si sottolinea come l’azione possa essere ricondotta alla resistenza interna russa, che avrebbe così dato una prova di forza alla vigilia delle manifestazioni previste per l’anniversario della Vittoria il 9 maggio. Dall’altra parte, si fa anche balenare l’ipotesi di un’operazione in stile “strategia della tensione” organizzata dagli stessi apparati di sicurezza di Mosca per fare ricadere la colpa sulle forze armate ucraine e alzare il tiro sui vertici del Paese invaso alla vigilia della temuta controffensiva (oppure sull’opposizione interna per schiacciarla ulteriormente).

Dà voce a queste interpretazioni Mick Mulroy, ex viceministro americano della Difesa e funzionario della Cia, il quale ha ipotizzato ai microfoni della Bbc che, se le notizie sull'incidente sono accurate, è "improbabile" che si tratti di un tentativo di eliminare Putin, poiché gli 007 di Kiev seguono da vicino i movimenti del presidente, lontano da Mosca in quelle ore. "Forse è stato per dimostrare al popolo russo che può essere colpito ovunque e che la guerra che hanno cominciato in Ucraina può alla fine tornare in patria, perfino nella capitale", ha spiegato. In alternativa, se i resoconti non sono precisi, "Mosca potrebbe aver inventato l’episodio per usarlo come pretesto per colpire il presidente Zelensky. Cosa che hanno già tentato di fare in passato", ha concluso Mulroy.

Non a caso il presidente della Camera bassa del Parlamento russo, Vyacheslav Volodin, ha chiesto di "distruggere" il governo ucraino. "Non possono esserci negoziati con Zelensky. Solleciteremo l'uso di armi in grado di fermare il regime terroristico di Kiev", ha scritto su Telegram. E il falco Medvedev ha chiesto esplicitamente di uccidere il presidente nemico. "Sembra l'incendio del Reichstag", ha replicato l'ex ministro degli Esteri russo fra il 1990 e il 1996 Andrei Kozyrev, oggi residente negli Usa, paragonando su Twitter l'attacco al Cremlino al rogo del Parlamento tedesco nel 1933, molto probabilmente orchestrato dai nazisti, che servì come scusa ad Adolf Hitler per instaurare la dittatura.

Le ipotesi sono numerose, alimentate anche dallo scetticismo degli americani sulle notizie fornite finora. Certamente, a tutti è noto che Putin vive nel bunker di Novoe Ogarevo quando è a Mosca, quindi un drone che colpisce il Cremlino di notte è soltanto un atto dimostrativo. Potrebbe essere l’opera di “partigiani” interni anti-regime, ma anche di “quinte colonne” al servizio dell’Ucraina. Ci si deve anche chiedere come ha fatto un drone a superare tutte le difese aeree che verosimilmente proteggono la capitale e i suoi centri nevralgici. Gli esperti sostengono però che contrastare i droni è molto difficile e i russi hanno poco addestramento al di fuori del campo di battaglia, a differenza degli ucraini.

Tutto ciò riporta in campo l’ipotesi di un’azione delle forze speciali di Kiev, anche se il confine dista da Mosca ben 450 chilometri. Il presidente ucraino, tuttavia, era in visita in Finlandia e pianificare un’azione così clamorosa con il proprio leader in viaggio, e quindi più esposto a una rappresaglia, sembrerebbe una leggerezza da parte di chi avesse messo in atto l’operazione.

In ogni caso, pare chiaro che il segnale che proviene dall’attacco, se vero, indica una certa debolezza dell’apparato di potere della Federazione. Che non ha saputo fermare i droni prima del loro sorvolo del Cremlino e che non riesce a impedire che le immagini, vere o verosimili, circolino creando una ferita all’orgogliosa immagine della fortezza russa, capace di vincere la guerra e farsi rispettare nel mondo. Resta lo scenario di una simulazione per scopi ancora indefiniti, ma la sensazione di vulnerabilità rimane intatta, almeno fino al momento di una massiccia reazione militare, se ci sarà.


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