Il ministro degli Esteri giapponese, Takeshi Iwaya - REUTERS
Da “nemici” ad “amici”? Cina e Giappone provano a ritessere un dialogo da sempre esposto al rischio di sfilacciarsi. Con la sua visita di Natale, Takeshi Iwaya è diventato “il primo ministro degli Esteri giapponese in circa 20 mesi a visitare la Cina”. Iwaya ha incontrato il premier cinese, Li Qiang e il ministro degli Esteri, Wang Yi, “portando a casa” alcuni risultati. Primo: una “controvisita” di Wang in Giappone nel corso del nuovo anno. Secondo: l’instaurazione di un clima, almeno a parole, meno “colonizzato” dalle tensioni geopolitiche. Terzo: i due Paesi hanno concordato di semplificare le procedure per i visti che diverranno più lunghi e flessibili mentre resta la distanza sulla spinosa questione delle restrizioni sul commercio ittico. "Vorrei fare il primo passo verso la riduzione di problemi e preoccupazioni e l'aumento della cooperazione e della partnership", ha assicurato il ministro giapponese a Pechino. "La Cina e il Giappone sono vicini. Se le relazioni Cina-Giappone sono stabili, la regione asiatica diventerà più stabile", ha affermato Wang all'inizio dell'incontro. "Quando l'Asia sarà stabile, svolgeremo un ruolo più importante nella comunità internazionale", ha detto ancora Wang.
Cosa dice il termometro delle relazioni tra le due potenze? Una cosa sembra certa: siamo davanti a una possibile svolta, a "un momento critico" per migliorare i legami tra i due Paesi, come ha detto il presidente cinese Xi Jinping. Da parte sua, il premier giapponese Ishiba ha definito la relazione tra le due potenze "di grande importanza per la comunità internazionale", aggiungendo di puntare a un dialogo "franco e continuo" con la controparte cinese. Che qualcosa sia cambiato anche nel "cerimoniale diplomatico", lo confermano alcuni recenti episodi. La richiesta del premier giapponese di un incontro con Trump in occasione dei vertici Apec e G20 è stata ignorata e la conversazione telefonica con il presidente eletto è durata solo cinque minuti, più breve della chiamata di 12 minuti tra Trump e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol. Al contrario, le interazioni tra Pechino e Tokyo sono notevolmente migliorate. Il 15 novembre, il presidente Xi ha parlato con Ishiba a margine del vertice Apec ed entrambe le parti hanno ribadito l'impegno a far progredire in modo completo la partnership strategica.
Il presidente cinese Xi Jinping passa in rassegna le truppe dell'Esercito popolare di liberazione cinese di stanza a Macao - ANSA
"In mezzo alle turbolenze globali, le relazioni sino-giapponesi rappresentano in realtà un raro esempio di stabilità strategica", ha detto al Japan Times Zhang Baohui, professore di affari internazionali presso la Lingnan University di Hong Kong. "Le due parti capiscono che devono cooperare ovunque possibile, poiché ciò può essere vantaggioso per entrambe". Per gli analisti il fattore “Trump” – e la dose di imprevedibilità e instabilità con le quali il presidente eletto Usa “stresserà” il complesso delle relazioni internazionali, dai dazi alle richieste di aumentare le spese nella sicurezza – potrebbe paradossalmente fungere da fattore di avvicinamento tra Tokyo e Pechino.
“Uno dei risultati più significativi del Trump 2.0 potrebbe essere un'opportunità per gli alleati degli Stati Uniti, incluso il Giappone, di perseguire una maggiore autonomia strategica. Ciò, a sua volta, potrebbe creare opportunità per il miglioramento delle relazioni Cina-Giappone a lungo termine”. Oggi la Cina è il più grande partner commerciale di Tokyo, mentre il Giappone svolge un ruolo chiave come fornitore di tecnologia e investimenti per la Cina. La cooperazione è, però, sempre minacciata da una serie di fattori. Il dossier Taiwan e le mire espansionistiche di Pechino sul Mar Cinese preoccupano non poco Tokyo. Che Pechino abbia recentemente testato un missile balistico intercontinentale nell'Oceano Pacifico, il suo primo lancio del genere in più di quattro decenni, non ha certo contribuito a rasserenare gli animi. Pesa anche la storia e le sue pagine nere. La Cina il prossimo anno celebrerà l'80esimo anniversario della sua vittoria in quella che chiama la "Guerra di resistenza contro l'aggressione giapponese". E il nazionalismo è sempre un potente fattore di riaggregazione degli umori del Paese, “utile” alla leadership comunista a gestire le fasi di crisi. Insomma, come scrive il Japan Times, c’è da aspettarsi “un continuo ballo diplomatico tra Giappone e Cina”.