Vladimir Kara-Murza
La guerra in Ucraina è giunta al suo 418° giorno e si assiste a un’escalation di brutalità che non modificano le sorti del conflitto, ma non fanno che approfondire le ferite e allontanare la possibilità del dialogo fra le parti. Se la domenica della Pasqua ortodossa – invece che da una tregua umanitaria - è stata caratterizzata da azioni belliche che hanno colpito chiese sia nel Donbass (da parte ucraina, si presume) sia a Zaporizhzhia (da parte russa), nelle ultime ore video-confessioni di membri, già in posizioni di comando, della milizia Wagner, solleverebbero il velo su uccisioni di bambini a Bakhmut e Soledar.
Le autoaccuse-testimonianze sono state diffuse da Gulag.net, organizzazione russa per i diritti umani. Si tratta, per quello che è stato possibile appurare, di due appartenenti al gruppo di mercenari che combatte in prima linea nell’aggressione di Mosca, reclutati nelle prigioni russe e graziati con un decreto presidenziale dopo essere rientrati dal fronte. Uno di essi, Azamat Uldarov, ha dichiarato di aver "sparato alla testa a una bambina di 5 anni". "Ho eseguito l'ordine con questa mano, ho ucciso i bambini, compresi i bambini di cinque anni", ha detto il miliziano.
Anche Alexei Savichev ha confessato al fondatore di Gulagu.net, Vladimir Osechkin, i dettagli sull'esecuzione di oltre 20 bambini e adolescenti ucraini, l'esplosione in una fossa con più di 50 prigionieri feriti e la "pulizia" di edifici residenziali attraverso l'uccisione di tutti, compresi i minorenni. Secondo Uldarov e Savichev, l'ordine di svuotare Bakhmut senza risparmiare nessuno sarebbe arrivato dallo stesso leader del gruppo, Evgenij Prigozhin.
A Soledar lo scenario sarebbe stato perfino peggiore. Savichev ha spiegato che era stato dato un ordine per il quale "tutti coloro che avevano più di 15 anni dovevano essere fucilati in una volta sola. Sono state uccise 20-24 persone, di cui 10 avevano appunto 15 anni". A una domanda sui civili assassinati in Ucraina nel febbraio di quest’anno, Savichev ha risposto che gli ucraini di 15 anni "difficilmente possono essere definiti civili" e ha spiegato che i miliziani della Wagner sono stati minacciati di morte perché non parlino con i giornalisti.
Rapida è arrivata la smentita di Prigozhin: "Riguardo alle fucilazioni di bambini, naturalmente nessuno spara mai a civili o bambini, nessuno ne ha bisogno. Siamo andati lì per salvarli dal regime sotto cui si trovavano". Il capo della milizia Wagner ha anche specificato di non avere "la possibilità tecnica di vedere il video nella sua interezza in questo momento", ma che lo "esamineremo sicuramente in dettaglio e daremo una valutazione completa".
Nessuna prova indipendente è stata per ora fornita sulla veridicità dei raccapriccianti racconti diffusi. La confessione, pur dettagliata, potrebbe essere stata estorta o falsificata. Dopo i video delle decapitazioni di prigionieri ucraini, l’escalation di rivelazioni sulle atrocità commesse dalle forze di Mosca potrebbe essere funzionale a fare rialzare l’attenzione e l’indignazione internazionale per la causa di Kiev e sollecitare i Paesi che danno sostegno militare ad accelerare i trasferimenti di armi per la controffensiva che dovrebbe scattare il prossimo mese. In ogni caso, il Cremlino non lesina anche in proprio nell’offrire occasioni per suscitare l’esecrazione internazionale – Onu compresa, in questo caso - per violazioni dei diritti umani.
Tale è infatti la durissima condanna inflitta, al termine di un processo farsa a porte chiuse, al giornalista e oppositore Vladimir Kara-Murza, con le imputazioni di "tradimento", "discredito all'esercito" e "collaborazione con un'organizzazione indesiderata". Il 41enne era fino a pochi mesi fa uno degli ultimi avversari del potere di Putin non incarcerato o esiliato all'estero. La pena di 25 anni di detenzione in un istituto di massima sicurezza è la più severa mai emessa da un tribunale russo in casi "politici" dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina.
Storico e cronista, forse conosciuto più all'estero che in patria, collaboratore di Boris Nemtsov - l'ex vicepremier ucciso nel 2015 -, Kara-Murza è impegnato da 20 anni in politica. È stato tra i promotori del cosiddetto Magnitsky Act, la legge approvata per la prima volta dagli Stati Uniti nel 2012 e che ha consentito a Washington di sanzionare funzionari russi sospettati di violazioni dei diritti umani. Da allora, numerosi altri Paesi hanno varato legislazioni simili, come il Regno Unito e il Canada. La moglie dell'oppositore, Eveghenia, ha affermato che il processo al marito è la vendetta di Mosca proprio per questa sua attività.
Kara-Murza proviene da una nota famiglia di dissidenti ai tempi dell’Unione Sovietica. Anche suo padre, il giornalista Vladimir Alexeyevich Kara-Murza (morto nel 201), fu un oppositore di Breznev. Vladimir Vladimirovic ha ricevuto anche la cittadinanza britannica quando si è trasferito nel Regno Unito da adolescente con sua madre e in seguito ha frequentato l'Università di Cambridge. Avviata la carriera giornalistica, divenne poi consigliere di Nemtsov, una volta tornato dagli Stati Uniti dove ha vissuto a lungo.
Sul versante economico, si apre infine una crepa nel fronte dell’Est europeo a fianco di Kiev. Dopo la Polonia e l’Ungheria (certo più tiepida con il governo Zelensky) anche la Slovacchia ha vietato l’importazione di grano ucraino, provocando la reazione negativa dell’Unione europea. Il motivo è la protesta dei contadini che vedono il loro mercato interno danneggiato dalle importazioni senza dazi e a basso costo dei prodotti agricoli di Kiev.
La maggior parte del grano ucraino veniva esportato attraverso il Mar Nero, ma l'invasione del febbraio scorso ha interrotto le rotte e ha fatto sì che grandi quantità di derrate finissero in Europa centrale. L’accordo con la Russia, mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia, consente a Kiev di continuare a spedire via nave una parte della produzione, soprattutto verso Paesi meno sviluppati. Di fatto, proprio in queste ore 50 mercantili sarebbe stati bloccati da Mosca alla partenza, riacutizzando la crisi alimentare e le tensioni in Europa.
La “concorrenza” del grano ucraino, infatti, preoccupa gli agricoltori anche di altri Paesi Ue e questo mette in difficoltà i governi che devono mantenere la solidarietà con il popolo aggredito ma non possono alienarsi un intero settore economico che, soprattutto nell’Est, è ancora molto rilevante. Un’altra conseguenza della guerra nel cuore dell’Europa che complica la soluzione della crisi.