giovedì 6 aprile 2023
Macron e Von der Leyen da Xi Jinping: per adesso poche aperture sull'intervento diplomatico cinese. Ribadito il no all'uso delle armi atomiche. Spiragli per un colloquio del leader cinese con Zelensky
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La guerra in Ucraina è arrivata al giorno 407 e l’attenzione generale è rivolta a Pechino, dove sono in visita la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente francese, Emmanuel Macron. Molte le attese per i colloqui e molti i tentativi di leggere fra le righe delle dichiarazioni del leader cinese Xi Jinping, al fine di capire se vi siano spiragli per una mediazione del Dragone nel conflitto che insanguina il cuore dell’Europa. I segnali, per ora, non sono dei migliori.

Xi, dopo poco più che rituali auspici di pace e di negoziati, ha avvertito che "non esiste una panacea per risolvere la crisi" ucraina. Tutte le parti, ha detto il presidente durante l'incontro con Macron, "dovrebbero partire da sé stesse e creare le condizioni per porre fine alla guerra". La posizione della Cina è "coerente e chiara", ha ribadito, "e il fulcro è promuovere colloqui di pace e accordi politici". In altre parole, non si vede all’orizzonte un intervento forte e diretto della grande potenza asiatica sull’alleato di Mosca per intavolare colloqui fattivi.

Resta però la linea rossa tracciata a Pechino e sempre riaffermata: onorare effettivamente l'impegno solenne secondo cui “le armi nucleari non devono essere usate e la guerra nucleare non deve essere fatta", con un no anche alle "armi biologiche e chimiche in qualsiasi circostanza" e agli "attacchi armati contro centrali nucleari e altre installazioni nucleari civili". Questa condizione, come è già stato sottolineato, rende più spuntate le minacce di Putin sull’uso dell’atomica tattica sul campo di battaglia. Se vi facesse davvero ricorso, potrebbe alienarsi almeno in parte l’amicizia cinese, di cui ha particolare bisogno in questo momento e, verosimilmente, ancora più necessità nel prossimo futuro.

Ci hanno comunque provato, Von der Leyen e Macron, ad ammonire e blandire Xi per cercare di ottenere un suo intervento in tempi brevi. Durante l'incontro, "l'ho incoraggiato a contattare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. So che Zelensky lo ha chiesto pubblicamente. È stato interessante sentire che il presidente ha reiterato la sua volontà di parlargli, al momento opportuno e quando ci saranno le giuste condizioni. Penso che questo sia un elemento positivo", ha riferito la presidente della Commissione Europea. La Cina "è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: ha una grande responsabilità nell'usare la sua influenza, in un'amicizia costruita nei decenni con la Russia. Contiamo su Pechino perché eserciti davvero questa responsabilità e sia molto chiara nel suo messaggio", ha detto ancora la numero uno dell’organismo Ue.

E poi il punto più delicato: "Contiamo sul fatto che la Cina non fornisca alcun equipaggiamento militare alla Russia, direttamente o indirettamente, perché sappiamo tutti che armare l'aggressore sarebbe contro il diritto internazionale". Se Pechino dovesse rifornire la Russia, il secco richiamo di Von der Leyen, "ciò danneggerebbe i nostri rapporti in modo significativo".

Il presidente francese, che più volte ha provato a rappresentare l’anima dialogante dell’Europa, anche con il Cremlino, ha usato toni più soft nel chiedere all’interlocutore di riportare Mosca alla ragionevolezza. Xi lo ha accolto con grandi onori e sottolineato i buoni rapporti con Parigi, ma il capo dell’Eliseo non avrebbe ottenuto molto di più di una generica promessa a collaborare per arrivare a una soluzione politica della crisi, senza significativi passi in avanti rispetto a posizioni già espresse in passato da Pechino. Da notare che nelle stesse ore degli incontri nei palazzi del potere cinese, arrivavano chiusure piuttosto esplicite al dialogo sia da parte di Mosca sia da parte di Kiev.

Il proseguimento delle azioni belliche è finora l'unica via d'uscita di Mosca dalla situazione in Ucraina, ha detto infatti ai giornalisti il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. "Senza prospettive di pace all'orizzonte, per ora non c'è altra via per noi se non quella di continuare l'operazione militare speciale". "La base per un vero negoziato con la Federazione è il ritiro completo dei gruppi armati russi oltre i confini riconosciuti internazionalmente dall'Ucraina nel 1991. Compresa la Crimea. Non c'è alcuna questione di concessioni territoriali o di contrattazione dei nostri diritti sovrani", ha invece scritto su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky. Sullo sfondo l’imminente lancio della controffensiva, i cui piani e tempi sarebbero noti al massimo a 3-5 persone al mondo, secondo il segretario del segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale, Oleksiy Danilov.

E mentre a Bakhmut si continua a combattere, smentendo i proclami di una vittoria russa, dai Paesi baltici arriva un’accelerazione sull’avvicinamento dell’Ucraina alla Nato. Una mossa che però non troverebbe terreno fertile a Washington. Gli Stati Uniti, infatti, si opporrebbero agli sforzi di alcuni Paesi europei per offrire a Kiev una Road map di ingresso nell’Alleanza al summit che si terrà in luglio. Secondo fonti del “Financial Times”, la Casa Bianca è con la Germania e l'Ungheria nel resistere agli sforzi di chi, come la Polonia e la Lituania, vuole concedere chiare manifestazioni di sostegno all’adesione della nazione aggredita da Mosca.

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