venerdì 24 febbraio 2023
Pechino prova a mediare, ma per l'Occidente è ancora sbilanciata verso il Cremlino. Come indica il voto all'Onu, una via d'uscita dalla crisi è quella di convincere le potenze che restano equidistanti
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La guerra in Ucraina è arrivata al giorno 366. Si è entrati nel secondo anno del tragico conflitto aperto nel cuore dell’Europa dall’invasione decisa da Vladimir Putin il 24 febbraio del 2022. E proprio mentre una parte del mondo commemora le vittime e celebra la resistenza di Kiev, arrivano novità significative sia a livello diplomatico sia a livello militare. Da una parte, il piano di pace cinese; dall’altro, l’invio dei primi carri armati Leopard da parte della Polonia.

Xi Jinping ha finalmente reso noto i 12 punti che dovrebbero portare a un cessate il fuoco e poi a una fine duratura delle ostilità. Ai principi importanti e condivisibili sull’integrità territoriale, sul rispetto del diritto internazionale e della sovranità statale, sulla necessità di escludere il ricorso alle armi nucleari fanno da contraltare la richiesta di una revoca delle sanzioni, l’assenza di una chiara indicazione per il ritiro di Mosca dalle zone occupate e l’invito a "abbandonare la mentalità da Guerra fredda" perché "la sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari".

La reazione di Mosca è stata positiva, cauta quella di Zelensky e dei vertici di Kiev, che sollecitano però un contatto diretto con Pechino, come lo ha avuto il Cremlino. Lo stesso presidente ucraino ha auspicato una conferenza di pace con la partecipazione di tutte le grandi potenze. Negativa invece la risposta americana, che vede solo l’invito a una condotta non rispettata nemmeno dalla Cina, che viene sospettata di preparare l’invio di una partita di droni kamikaze da impiegare al fronte.

Più duro il commento dell'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell'Ue, Josep Borrell: quello cinese "non è un piano di pace, è un documento di intenzioni, dove Pechino illustra tutte le sue posizioni che sono note dall'inizio. Per essere un piano di pace dovrebbe essere un testo che si può attuare", ha aggiunto e, "per essere credibile, deve essere condiviso con entrambe le parti: la Cina deve andare a Kiev e parlare con Zelensky come ha parlato con Putin. Inoltre, non può mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito".

Di fatto non ci si attendeva di più da Xi. Si tratta tuttavia di un elemento che resterà sul tappeto e cui si potrà fare riferimento in futuro per rimettere in moto la macchina della trattativa. In questo quadro politico va inserito il voto sulla risoluzione alle Nazioni Unite di mercoledì 23. L’aggressione russa è stata condannata da 141 Paesi, compreso il Brasile che era in bilico dopo le recenti dichiarazioni del presidente Lula. Solo 7 Paesi hanno votato contro - Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Nicaragua, Eritrea e Mali, dove spadroneggiano le milizie della compagnia Wagner. Sono state invece 32 le astensioni, con 13 Paesi che non hanno partecipato al voto.

Rispetto alle precedenti risoluzioni il numero di astensioni è lievemente diminuito, ma se si pesano le nazioni, la spaccatura resta molto forte. Cina, India, Pakistan, Sudafrica (e Iran) non hanno preso posizione. Segno che la guerra è percepita come uno scontro tra blocchi in cui non ci si vuole schierare – per diversi motivi – contro la Russia di Putin, che continua a trarre giovamento da questa situazione per aggirare le sanzioni e non venire isolata totalmente a livello planetario. Si tratta della vera sfida per riannodare i fili del negoziato e della pace da parte dell’Occidente: convincere delle proprie buone ragioni i non allineati e spingere tutti insieme Putin a sedersi al tavolo con posizioni più ragionevoli.

Se questo non accadrà il conflitto andrà inevitabilmente avanti. E forse in modo ancora più sanguinoso. In queste ore stanno arrivando da Varsavia i primi Leopard 2, i carri armati tanto richiesti dall’Ucraina per potere avviare la controffensiva di primavera. Il governo polacco ha comunicato che 14 esemplari hanno già varcato la frontiera. Intanto, il ministro tedesco della Difesa Boris Pistorius ha deciso di consegnare a Kiev altri quattro Leopard 2 provenienti dalle scorte dell'esercito. La Germania aumenterà così il numero di panzer trasferiti alla resistenza da 14 a 18. Da Mosca nessuna reazione e nessun’altra dichiarazione da parte di Putin nel giorno dell’anniversario dell’operazione speciale.

A chiudere la giornata si è tenuta una riunione dei leader del G7 (compresa la premier Meloni che in precedenza aveva ribadito il sostegno italiano) per valutare la situazione ad un anno dall'inizio della crisi. In apertura è intervenuto anche Zelensky. Confermata l'unità di intenti e il pieno appoggio al popolo ucraino. Se l'obiettivo di Putin era quello di dividere la Ue dagli Stati Uniti e indebolire la Nato, è stato sottolineato, il presidente russo ha ottenuto esattamente il contrario. I sette membri dell’organizzazione hanno invitato Mosca a fermare l’aggressione e, in caso contrario, auspicato l’adozione di nuove misure punitive. Poi la minaccia di "gravi costi" ai Paesi che continuano ad aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni. ll nodo, come detto, resta convincere i Paesi che non vogliono mettere nell’angolo il Cremlino. E non è detto che un atteggiamento aggressivo sia sempre la via migliore, se si vuole rompere il pregiudizio anti-americano e anti-occidentale che ancora anima le scelte di alcuni "non allineati".

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