Caro tifoso della Fiorentina con il giubbotto verde, il berretto blu e i calzoni mimetici, non basteranno le tue scuse. No, la tua manata in diretta tv sul fondoschiena della giornalista Greta Beccaglia non è un gesto di "stizza" perché la tua squadra del cuore, quella per la quale sei arrivato in trasferta fin da Ancona, aveva perso contro l’Empoli. E nemmeno una "goliardata", come hai dichiarato in anonimato, prima che si sapessero di te nome e cognome. Non te la caverai con un mazzo di fiori e una letterina contrita.
Quello che hai fatto, sabato sera al termine del derby toscano, si chiama molestia, forse anche – lo decideranno i giudici, la denuncia c’è già e pure un fascicolo d’inchiesta – violenza sessuale. Un reato serio. La pacca non voluta, non richiesta, sul sedere di una donna non è una bazzecola. Non è una bravata. Sono finiti i tempi in cui la "mano morta" sull’autobus o lungo le strade affollate era spesso subìta con un senso di ineluttabile umiliazione e agita da certi uomini con feroce nonchalance. Oggi le donne, soprattutto giovani come Greta, sanno che la legge è dalla loro parte. «Queste cose non si possono fare», ha detto lei ancora in diretta dapprima al suo assalitore, confusa e stupita, e poi ha sporto denuncia per avere giustizia, segnalando almeno altri due episodi accaduti negli stessi minuti.
Il #metoo non è passato invano, così come non sono scivolati via nel nulla i continui richiami al rispetto lanciati nelle periodiche Giornate contro la violenza alle donne, l’ultima delle quali, il 25 novembre scorso, ha coinvolto giustappunto anche il mondo dello sport e il calcio in particolare. Pure i giocatori della Fiorentina, sabato sera, erano scesi in campo con un segno rosso sulla guancia. Il corpo delle donne non è un oggetto a disposizione del più potente, del più forte, del più spavaldo, del più aggressivo. Non lo è mai stato, non lo è più. Se ne convincano tutti, a partire dagli uomini che hanno provato a minimizzare ciò che è accaduto all’inviata di Toscana Tv davanti allo Stadio Castellani. Come quel collega in studio, che poi se ne è scusato pubblicamente. «Non te la prendere», non è la cosa giusta da dire a una donna che subisce un attacco intimo così violento e gratuito. E nemmeno si può ironizzare su twitter: «Uno schiaffetto sul sedere e pare che sia cascato il mondo» (sic, Vittorio Feltri). E se ne convincano anche le donne che per pudore o per quieto vivere non si ribellano, non si indignano, non reagiscono e non denunciano di fronte alle tante prepotenze che devono affrontare nel corso della loro vita. Il silenzio, l’accettazione passiva, per quanto comprensibili, non aiutano nessuno, né loro stesse né le altre.
In ogni caso, l’indignazione che ha accompagnato la vicenda di Empoli lascia ben sperare che il maschilismo nei fatti e nelle parole possa davvero avviarsi verso il capolinea, lasciando spazio invece al rispetto per le donne: vero, profondo, sentito e non di facciata, non un omaggio dovuto al politicamente corretto. È un cambiamento culturale imponente, che richiede tempo, pazienza e tenacia, ed è una battaglia che tutta la società deve vincere. Nel nostro Paese lo si può fare iniziando a scardinare le sacche di testarda insensibilità, la (sotto)cultura machista e sessista che alberga ad esempio in alcune zone delle tifoserie calcistiche, alimentata dalle logiche del branco, e che evidentemente non si rassegna al protagonismo femminile che incalza tra gli addetti ai lavori, dalle arbitre alle giornaliste fino alle stesse atlete. Greta Beccaglia e la sua denuncia daranno a tanti – si spera – materia su cui riflettere.
Ultimo aspetto, non marginale, di questa triste vicenda: il video che testimonia il palpeggiamento è stato visto milioni di volte, rilanciato da decine di emittenti televisive, siti web e condiviso all’impazzata sui social. Chiediamoci se sia solo desiderio di documentarsi per comprendere fino in fondo l’accaduto oppure, in tanti casi, puro e semplice voyerismo. Se non è possibile chiederne o ottenerne l’oscuramento, almeno possiamo, tutti, smettere di guardarlo. Per rispetto a Greta Beccaglia e a tutte le donne molestate.