Gli assurdi boicottaggi e le invettive contro gli «stranieri» e il Papa Un parrucchiere nigeriano, un ristorante cinese, una macelleria romena, un centro estetico orientale. Cosa può accomunare questi quattro esercizi commerciali in un quartiere romano di estrema periferia, che già non gode (forse un po’ troppo ingiustamente) di buona fama come Tor Bella Monaca? In un Venerdì Santo segnato dalle parole dolenti e forti di papa Francesco contro – tra le tante altre cause di «vergogna» – le persecuzioni ai danni di molte persone «per la loro appartenenza etnica», ecco apparire un orribile manifesto, che inopinatamente riunisce quei negozianti stranieri in un’unica condanna al boicottaggio popolare.
La ragione? C’è la crisi e bisogna sostenere gli esercizi italiani, spiega il leader dell’organizzazione di estrema destra che ha preso l’iniziativa di “impecettare” (così, nel gergo locale) gli ingressi dei locali presi di mira. Razzismo? Macché, semmai «patriottismo». Un tempo i patrioti si battevano, rischiando la pelle, per liberare il proprio popolo da dominatori stranieri, da occupanti e usurpatori di terre ingiustamente sottratte loro con la violenza. E sulle loro bandiere, talvolta, appariva anche qualche segno di ispirazione cristiana. Ma quanto è brutta quella croce racchiusa nello scudo-logo di “azione frontale”, la sigla autrice del misfatto. Quanto è biecamente becero quel braccio orizzontale, il cui ramo di destra si trasforma infine in una lama di scure rivolta verso l’alto, volendo far rabbrividire per il messaggio che, senza tanti sottintesi, cerca di trasmettere.
Per fortuna che, pur nelle difficoltà di un meticciato silenzioso e pacifico, consumato ben lontano dal centro capitolino, qualcosa del vecchio spirito graffiante e dissacratore dei “romani de Roma” è arrivato anche a “Torbella”. La prova è nel commento che la figlia più grande della coppia mista (la mamma è nigeriana) ha dedicato all’impresa: «Ammazza che deficenti!». Rivelando poi che con uno dei firmatari aveva fatto l’asilo insieme e che la madre, incontrando la sua, le ha chiesto scusa per la bravata del geniale rampollo. Ci piacerebbe, a proposito di disprezzo per gli stranieri e i diversi di ogni genere, poter dare, magari un po’ più elegantemente, della minus habens anche alla candidata alle presidenziali francesi Marine Le Pen, che l’altro giorno si è detta piuttosto arrabbiata (« fachée ») con la Chiesa, perché «s’impiccia di tutto meno di quello che la riguarda».
Arrivando ad accusare di «ingerenza» il Papa sul problema degli immigrati. Ovviamente dopo aver premesso di essere «fortissimamente cattolica». Ma non la insulteremo, né con epiteti in vernacolo né in lingua morta. E non per schivare il rischio di un’incriminazione per offesa a capo di Stato estero: ancora non lo è e non lo sarà tanto facilmente, a quanto pare. Ma solo perché tutta questa tonante xenofobia, come diceva il nostro vecchio insegnante di francese, « c’est bête »: è una sciocchezza. (Che però nessuno può permettersi di sottovalutare).