Il
caucus dell’Iowa, primo verdetto nel campo del Grand Old Party per la corsa alle presidenziali americane del 2012, ha riservato una sorpresa di nome Rick Santorum, giunto a un soffio dal favorito Mitt Romney e capace ora di sparigliare la corsa alla nomination che deciderà chi dovrà sfidare Barack Obama alle elezioni di novembre. Santorum ha 53 anni ed un profilo che potrebbe sedurre sia l’elettorato conservatore repubblicano sia quello più tradizionalista del movimento Tea Party: ha sette figli, di cui una gravemente disabile, è di origini italiane, è nipote di un antifascista trentino emigrato in America che ha fatto il minatore in Pennsylvania, ha un passato come senatore e un presente fatto di veementi battaglie a favore della vita e dei diritti umani, non senza alcune cadute di gusto che la sua oratoria a volte apocalittica non riesce ad evitare. «La gente – dice – mi chiede cosa mi motiva e io rispondo: la dignità di ogni vita umana. Per vincere serve una famiglia». Il suo successo in Iowa lo accredita come principale avversario del moderato Mitt Romney, il manager mormone che il partito vorrebbe vedere alla Casa Bianca ma che l’elettorato della Bible Belt (la "fascia della Bibbia" che va dal Texas all’Illinois, dalla Virginia alla Florida e che tradizionalmente vota repubblicano) guarda con un certo sospetto sia per la sua confessione religiosa sia perché quand’era governatore del Massachusetts varò una riforma sanitaria assai simile a quella di Obama e per i gusti dei conservatori «troppo liberal».Anche Santorum però ha un handicap, quello di essere cattolico, che come sappiamo negli Stati Uniti non è un titolo di merito. Dalla sua però, oltre all’improvviso innamoramento da parte del magnate dei media Rupert Murdoch, ha l’aver rivitalizzato uno dei filoni vincenti della destra americana, quel
social conservatism
(che potremmo tradurre con 'conservatorismo sociale') erede della politica reaganiana che trionfò con l’elezione di George W. Bush e che poggiava su pochi ma decisi capisaldi: no all’aborto e alla ricerca sulle cellule staminali, sì alle politiche a favore della vita e a legislazioni pro-famiglia, bando ai matrimoni gay, sì al diritto di portare armi, lotta all’immigrazione clandestina, limiti di spesa per il Welfare. Al conservatorismo sociale degli anni Ottanta Santorum abbina astutamente quel
compassionate conservatism
caro sia ai Bush padre e figlio sia oggi al premier britannico David Cameron, vero e proprio cavallo di battaglia dei conservatori che affida alla cooperazione fra i privati, gli enti caritatevoli e le istituzioni religiose l’onere di sostenere gran parte dei costi della sanità e dell’immigrazione, quei servizi sociali cioè che lo Stato federale promuove e tutela ma a cui secondo i repubblicani non dovrebbe provvedere direttamente. Musica per le orecchie della base del partito, soprattutto per quell’area tradizionalista e antistatalista che si racchiude nel
Tea Party.È presto per dire se il candidato Santorum avrà fiato a sufficienza per guadagnarsi la
nomination. Romney vanta un apparato politico e fondi per il momento nettamente superiori a quelli di Santorum. Nondimeno, il caucus dell’Iowa potrebbe risultare fuorviante: il 60% dei votanti si è dichiarato evangelico o cristiano rinato e questa percentuale non rappresenta compiutamente il partito su scala nazionale. Bisognerà attendere il voto nel South Carolina del 21 gennaio per capire dove va la nave del Grand Old Party: da un trentennio, chi vince le primarie laggiù (prima Reagan, poi Bush senior, poi Bob Dole, poi George W., infine McCain) si guadagna la nomination. E nessun esito a questo punto è scontato. Una certezza si fa strada invece in casa democratica.Gli strateghi di Obama in queste ore gongolano: l’ascesa di Santorum (che a loro avviso non alcuna possibilità di correre per la Casa Bianca) e la lotta fra le due grandi anime del partito non faranno che indebolire Romney e disorientare l’elettorato repubblicano. Miglior cavallo di Troia nel cuore del partito di Abraham Lincoln Barack Obama non avrebbe potuto avere.