martedì 7 maggio 2024
Un intervento della Redazione di Mosaico di Pace (rivista di Pax Christi) rende spunto dalle parole di Francesco rivolte nel novembre 2003 alla Commissione Teologica internazionale
Il Papa chiede di smaschilizzare la Chiesa

Il Papa chiede di smaschilizzare la Chiesa - .

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Le parole del Papa alla Commissione teologica internazionale, a fine novembre scorso, fecero il giro del mondo: «La Chiesa è donna. E se noi non sappiamo capire cos’è una donna, cos’è la teologia di una donna, mai capiremo cos’è la Chiesa. Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è “maschilizzare” la Chiesa. E questo non si risolve per la via ministeriale, questa è un’altra cosa. Si risolve per la via mistica, per la via reale. A me ha dato tanta luce il pensiero balthasariano: principio petrino e principio mariano. Si può discutere questo, ma i due principi ci sono. È più importante il mariano che il petrino, perché c’è la Chiesa sposa, la Chiesa donna, senza maschilizzarsi. E voi vi domanderete: dove porta questo discorso? Non soltanto per dirvi che abbiate più donne qui dentro – questo è uno –, ma per aiutare a riflettere. La Chiesa donna, la Chiesa sposa. E questo è un compito che vi chiedo, per favore. Smaschilizzare la Chiesa». Un’espressione, quest’ultima, dalla quale prende le mosse il documento elaborato da «Mosaico di pace», rivista promossa da Pax Christi, e che qui pubblichiamo come punto di partenza per una riflessione a più voci su Chiesa, ruolo delle donne e segni del “maschilismo” che ospiteremo su questa pagina dedicata alle Analisi, una serie aperta a contributi e interventi su uno dei temi che più sono attuali e più stanno a cuore al Papa. Non per caso. (F.O.)

«Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è “maschilizzare” la Chiesa... è un compito che vi chiedo, per favore. Smaschilizzare la Chiesa »: parlando a braccio, papa Francesco si rivolgeva così alla Commissione Teologica internazionale il 30 novembre 2023. “Smaschilizzare” è un neologismo forte. Un preciso modello di maschile ha impregnato e definitivamente plasmato la chiesa cattolica: nelle istituzioni, nei ministeri, nelle relazioni, nella predicazione, nelle modalità di esercizio della autorità, nella sinodalità, nella missione, nel rappresentare il volto di Dio e dell’essere umano. Questa lunga eredità ha creato dinamiche di prevaricazione e forme di dominio, di repressione di ciò che è altro da sé. Clericalismo e abusi non si possono comprendere al di fuori di questo contesto storico e culturale, il cui superamento, per quanto faticoso, è un traguardo necessario per la Chiesa.

Qualche giorno prima dell’intervento del Papa, il 25 novembre 2023, la teologa Alice Bianchi scriveva sull’Osservatore Romano delle voci cattoliche che commentavano gli ultimi casi di femminicidio nei giorni in cui l’Italia era in preda ad una sorta di risveglio nazionale, dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin: «In questi e in altri discorsi di voci cattoliche, colpisce soprattutto che la Chiesa venga raramente nominata, probabilmente perché qui entrano facilmente in gioco resistenze pre-razionali, costrutti culturali, che rendono difficile guardare fin dentro alle proprie storie, case, comunità.

Così i singoli credenti maschi semplicemente si autoregolano per non cadere nelle trappole della società “là fuori”, dalla pornografia al lassismo educativo. Tutti noi non vogliamo generare o avvallare violenza, e tanto ci basta per rassicurarci che ciò non accada. Ma è un’ingenuità: dobbiamo riconoscere che nostro malgrado possiamo generare violenza, e possono anche le nostre Chiese. Il 25 novembre serve allora a notare dove gli ambienti ecclesiali contribuiscono a favorire dinamiche di prevaricazione maschile. Chiedersi come nasce la violenza di genere serve per capire cosa possiamo fare. Ma ogni discorso è vano se non si parte da sé e quindi anche dai meccanismi di dominio sulle donne che nostro malgrado si annidano nelle nostre stesse comunità, e dalle forme relazionali che credevamo buone e a volte conservano un’ambiguità».

Smaschilizzare la chiesa significa dunque mettere finalmente in discussione il modello egemonico di maschile. La parola richiama un’urgenza non più prorogabile. Non solo perché sarebbe l’ulteriore passo – e un passo radicale – con cui la chiesa cattolica si rende estranea al proprio tempo in quanto roccaforte religiosa del patriarcato, ma perché è ora di ascoltare. Ascoltare non più solo il grido delle donne ma l’urlo degli uomini dentro la chiesa che si sentono stretti e soffocati da un modello subdolo di maschilità. Guardando all’esperienza delle donne e a quanto avviene in altre chiese in Italia bisogna imparare a partire da sé. Un certo modello di maschile è così normale che non lo si vede nemmeno. È come l’aria che respiriamo. Come l’acqua in cui nuotano i pesci. Per questo una riflessione che si limiti solo al livello della critica dei contenuti ma non incontri i corpi non è sufficiente. È ora – c’è ancora domani, c’è stato ricordato di recente – che gli uomini nella chiesa cattolica, non da soli ma insieme, si rendano disponibili attraverso un processo di autoriflessione a smascherare in ciascuno questo veleno, che ha fatto e continua a far soffrire uomini e donne nella chiesa. Occorre creare spazi e tempi per processi di costruzione di un modo altro e plurale di essere maschi. In questo momento non serve un grande progetto, non tutto deve essere chiaro.

È il tempo dei singoli, piccoli e concreti passi con i quali si entra in una terra ignota. Può spaventare ma è liberante. Inneschiamo questo indispensabile processo di cambiamento, con coraggio! Come Mosaico di Pace, rivista di Pax Christi, scriviamo ad Avvenire perché sulle pagine di questa testata vogliamo portare avanti la riflessione che abbiamo solo inaugurato con il dossier del numero di ottobre 2023, Il maschile, le chiese e noi, in perfetta linea di anticipo e coerenza con l’appello papale a demaschilizzare la chiesa. Intendiamo qui presentare alcune proposte concrete, attuabili in tempi brevi. Non si parte da zero. C’è la preziosa riflessione delle donne nella chiesa che da anni – con paziente e rigorosa competenza - pungolano su questo terreno. C’è anche l’esperienza feconda di quanto già avviene nelle altre chiese in Italia, come bene descrive il dossier di Mosaico di Pace. Infine, c’è la ricchezza della riflessione sul maschile articolata da tempo in alcuni gruppi di uomini (ad esempio, la associazione Maschile Plurale).

Riteniamo che questi siano i primi passi, urgenti, per intraprendere il cammino di realtà e di emancipazione che indichiamo: 1. Nella formazione dei futuri presbiteri e nei noviziati dare spazio alla teologia di genere. Questo però si lega in maniera necessaria alla creazione di gruppi di autoriflessione maschile nei seminari e nei noviziati non solo per mettere a fuoco le radici della violenza di genere, ma per iniziare quel processo di costruzione di un modello di maschile diverso e plurale. 2. Favorire e sostenere nelle chiese locali la nascita di simili gruppi di autoriflessione maschile. 3. Mettere a fuoco il tema della teologia di genere e in specifico del “maschile” come riflessione sui linguaggi, sui modelli con cui si racconta il volto di Dio e degli esseri umani, sulla violenza di genere, nella formazione di chi svolge un servizio educativo o di catechesi, nelle comunità cristiane, nelle associazioni e nei movimenti. Come uomini e donne della redazione di Mosaico di Pace, insieme al gruppo di collaboratori e collaboratrici della rivista, intendiamo prenderci carico del compito a cui richiamano le parole di papa Francesco, convinti come siamo che questo processo segni la pista di un itinerario di pace. Ci rendiamo pertanto disponibili a innescare e partecipare a questo percorso, dando un contributo reale per il realizzarsi di quanto proponiamo.

La redazione di Mosaico di Pace

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