Siamo 83 a Torrino, frazione di Battuda, che è un minuscolo Comune in provincia di Pavia, tra il Ticino e il Naviglio Pavese. Quasi tutte le strade sono intitolate a Riccardo Pampuri, che è cresciuto in questo borgo allevato dagli zii: ciascuna ospita due o tre numeri civici soltanto. Non ci sono negozi: la chiesa sì, poco più grande di un salotto spazioso, e una trattoria che cucina i piatti tipici della zona. Naturalmente è chiusa, per le norme anti-Covid. Tranquillo e verde, Torrino è un bel posto, che può anche diventare bellissimo quando le risaie sono inondate, sebbene questa sia zona di nebbie, zanzare, umidità.
Quest’anno anche di solitudine. A Natale. Perché da questo territorio che ci starebbe tutto tra i bastioni di Porta Venezia e piazzale Loreto, a Milano (o, nella Capitale, tra il Colosseo e il Campidoglio), il 25 dicembre non ci si potrà muovere. Eppure, i Comuni qui intorno – dove abitano figli e nipoti, fratelli e sorelle, e i tanti amici – sono a una fermata di metropolitana, due fermate di autobus. Se si abitasse a Milano, ovviamente. O a Roma. O a Torino.
Ma noi abitiamo a Torrino con due erre e staremo da soli. Mi domando: se da Torrino mi sposto a Trovo (ci vado a piedi a prendere il pane, perché sta a poco più di un chilometro), a Bereguardo o Casorate (quattro chilometri), Trivolzio (sette), Motta Visconti (nove), corro più rischi di diffondere il contagio o di essere contagiata che spostandomi, a Milano, da corso Lodi a viale Padova (sette chilometri), dal Corvetto al Lorenteggio (otto chilometri), da viale Forlanini a via Chiesa Rossa (24 chilometri)? Ma non è nei grandi centri che Sars-CoV-2 colpisce con più spietatezza? Proprio lì, dove dal 21 al 26 ci si potrà spostare liberamente, a patto di non uscire dai confini metropolitani, anche macinando chilometri su chilometri? Di Comuni che metropoli non sono ma, anzi, sono piccoli o minuscoli l’Italia è costellata.
Prendiamo Morterone, immerso nei boschi tra Bergamo e Lecco, che quanto a dimensioni ha il primato delle più piccole: è pensabile che i 34 abitanti che lo popolano – per lo più persone anziane – abbiano lì i loro affetti più cari? Difficile, visto che l’anagrafe registra presenze da riunione condominiale. A Natale staranno da soli anche loro? Allo stato delle cose, non hanno scelta. Lo stesso vale per chi abita a Moncenisio, Pedesina, Briga Alta, Ingria, Torresina... tutti tra i cento Comuni più piccoli d’Italia. Paesi lillipuziani, che spesso gravitano anche per le piccole necessità – il pane, il latte, i quotidiani – nelle località circonvicine, e i cui abitanti cambiano Comune così come milanesi, romani o napoletani cambiano quartiere. Tutti resistono ancora sulle cartine perché ci sono gli ostinati che lì sono nati e lì vogliono morire: dei 37 abitanti di Pedesina, per esempio, 5 hanno meno di 14 anni e 17 più di 65.
Vien voglia di invidiarli, questi diciassette: la visita agli anziani genitori – ma varrà anche per i vecchi zii? – rientra tra i motivi di emergenza che consentono lo spostamento. Se sei un quarantenne momentaneamente scompagnato sei anche fregato: ti aspetta una giornata agli arresti domiciliari, in isolamento totale. Risolto il problema dell’affollamento per il cenone della Vigilia o per il pranzo di Natale. Perché non ci saranno né l’uno né l’altro.
Neanche, come previsto, a sei e non più di sei. Il governo sta valutando se rendere meno rigida la norma e noi, a Torrino, ci contiamo: saremo – se possibile – ancora più ligi alle regole, più attenti, più responsabili quando ci sposteremo (poco). Perché vogliamo stare con chi amiamo a Natale, ma vogliamo anche che si abbassi il numero dei contagi, che si possa smettere di contare i morti. Se, invece, il governo manterrà tutto così com’è la discriminazione ci lascerà l’amaro in bocca. Perché dei confini municipali il coronavirus si fa un baffo.