Caro direttore,
la proposta per un nuovo impulso al Servizio civile universale (Scu) lanciata sul suo giornale da diversi esperti del mondo della politica, del sociale, e dell’economia e il dibattito a essa collegato, è un segnale molto positivo per tutti quelli che operano nel e per il sociale. Il Scu deve acquisire un ruolo centrale ed essere riconosciuto come uno strumento per dare fiducia, opportunità e rafforzare la coscienza civica dei nostri giovani. La fase attuale, il 'distanziamento fisico' – introdotto senza alternative nelle nostre vite – ha messo a dura prova i giovani, privandoli di occasioni di socialità, ma ha gravato anche sulle persone più vulnerabili e sui settori più delicati del nostro Paese: l’assistenza sociale, la cura per l’ambiente, la cultura. Settori che fanno bella dentro e fuori la nostra Italia. Settori nei quali l’operatività dei giovani volontari si è già dimostrata estremamente positiva negli anni di vita del Servizio civile, e lo ha fatto in tutte le aree del Paese.
Questa omogenea volontà di partecipazione al Servizio civile da parte di tanti giovani italiani, che è davvero una ricchezza da tutelare. Nelle regioni del Sud ogni anno sono decine di migliaia i giovani che concorrono per poter iniziare la propria esperienza di Scu, nelle loro aree di residenza o altrove. E per anni, proprio chi ha rappresentato le Regioni del Sud, ha dovuto lottare per aumentare il numero di posti messi a bando e dare così la possibilità ai giovani di operare nelle tante realtà del Terzo settore, con effetti positivi in termini di occupabilità, crescita personale e condivisione. Basta pensare ai tanti luoghi che hanno potuto prendere vita e ritornare alla collettività grazie all’operato dei volontari e alla sinergia tra enti locali e realtà del privato sociale. Ma anche al supporto alle persone più vulnerabili, anziani, disabili, minori: sono tante le persone accompagnate nel loro quotidiano e che hanno visto alleviare alcune sofferenze, tra tutte la solitudine. Allo stesso modo, sono stati tantissimi i giovani cresciuti durante lo svolgimento del proprio anno di Servizio civile, cresciuti civilmente e socialmente, a tal punto, in molti casi, da aver scelto, poi, di continuare a operare nel Terzo settore, contribuendo a costituire quella grande ricchezza italiana che è il mondo dei lavoratori e volontari nel 'sociale' in Italia.
Quest’anno così particolare, inatteso e profondamente delicato, richiede uno sforzo ulteriore che può contribuire ad offrire non distanziamento sociale, bensì coesione sociale, quella su cui il Terzo settore in tutte le sue declinazioni si è continuato a spendere, al Nord come al Sud, anche in questi mesi di quarantena da Covid-19. Ecco perché, stavolta, non può essere sufficiente aumentare il fondo: serve dare a tutti la possibilità di vivere questa esperienza, ammettendo tutti i solidi Progetti presentati alla scadenza prevista alla fine di questo mese di maggio.
Presidente Cooperativa sociale Hermes 4.0 e già assessore al Welfare della Regione Calabria