Gentile direttore,
raccolgo il testimone dell’interessante dibattito che si sta sviluppando su 'Avvenire' in queste ultime settimane a partire dalla proposta di un folto gruppo di personalità sul rilancio del Servizio civile universale. Tanto più che è notizia degli ultimi giorni la ripresa su vari territori dei progetti interrotti a causa dell’epidemia di coronavirus.
Il Servizio civile universale, per come si è configurato negli ultimi anni, rappresenta una vera e propria 'difesa non violenta della Patria' da parte dei nostri giovani e la promozione di valori fondamentali di coesione sociale con azioni concrete per le comunità e per i territori. L’impegno in percorsi di servizio civile che coinvolgono le nostre ragazze e i nostri ragazzi significano, come sappiamo, una formazione alla solidarietà per situazioni e condizioni di fragilità. Ed è esattamente con le nostre fragilità personali e di sistema che stiamo impattando in questi mesi di terribile pandemia. Il mondo, l’umanità si sono scoperti inermi difronte a un piccolo virus, che sta creando situazioni che molti di noi non temono a definire simili a quelle di una guerra. C’è un bel libro di un filosofo spagnolo Daniel Innerarity, a cui sono molto affezionata, 'Un mondo di tutti e di nessuno. Pirati, rischi e reti nel nuovo disordine globale' che aiuta a comprendere quali sono le nuove frontiere delle minacce di un mondo interconnesso.
Dovere di noi politici è studiare e approfondire questi pericoli del nostro tempo per preparare i Paesi al modo su come affrontarli. Sicuramente dobbiamo predisporre i sistemi sanitari, sociali, scolastici e formativi a non lasciare soli i territori e le persone più a rischio di esclusione di fronte a difficoltà gravi come quella che stiamo vivendo.
E quindi avremo bisogno sempre di più di un Servizio civile universale che possa diventare, attraverso il protagonismo del ruolo del Terzo settore, supporto vero alla difesa del sistema Paese anche di fronte alle crisi provocate da nuovi 'incursori'. Un sistema di Servizio civile universale, a questo punto, può diventare obbligatorio per i giovani perché è importante anche per una loro esperienza personale di crescita rispetto all’ingresso nel mondo del lavoro futuro. È opportuno continuare e approfondire un dibattito pubblico, che noi legislatori possiamo raccogliere per un dialogo in Parlamento.
Vicepresidente Commissione Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale